Le Signore dell'arte

Storie di donne tra '500 e '600 

Palazzo Reale, Milano 

dal 2 marzo al 22 agosto 2021 

a cura di Anna Maria Bava, Gioia Mori e Alain Tapié


Articolo di Anna Maria Santoro



 Simili a viaggiatori che solitari amano terre inesplorate, si cercano musei e mostre a conforto di un’esistenza che giunge incomprensibile, nel tentativo di esiliare una realtà disseminata di malattia e di inquietudine. In silenzio, ci si adatta a un camminare che mantiene le distanze fisiche di sicurezza necessarie a contenere la pandemia; ma può accadere, nel procedere isolati lungo le sale espositive dell’arte, di scoprire quel mistero che nel caos di una folla che si accalca si potrebbe non intuire. Così, succede che in un quadro di una “Natura morta” attragga l’attenzione non l’oggetto ma lo spazio, talvolta vuoto, che lo circonda, e lo si scopra relatore di inattese sensazioni oppure che in un dipinto, dai temi religiosi o mitologici, si riesca a scorgere quella luce che, generata all’interno e non esterna, ne modifica la comprensione.

I musei diventano piccoli fari che si accendono e si spengono, e nell’atmosfera del tutto identica alla benevola accoglienza che nelle chiese invita alla preghiera, essi rimandano a quella Verità, per i greci ἀλήθεια “alétheia”, che solo la poesia e l’arte possono disvelare. Ne è un esempio la mostra a Palazzo Reale a Milano “Le Signore dell’Arte”, che richiama quella Bellezza che Stendhal soleva definire “bellezza che stordisce”, che affranca dalle paure e rinfranca l’anima.

Visitabile fino all’estate, tra continue chiusure e riaperture di palazzi storici e musei dovute al virus che ormai dilaga in tutto il mondo, la mostra si declina in opere eseguite tra il 1500 e il 1600 da pittrici non tutte note al grande pubblico, come Maddalena Corvino (1607-1664) miniaturista della quale fu maestro probabilmente Guido Reni, oppure la ritrattista Maddalena Natali (1630-1696).



Sebbene alto sia il numero delle donne che nel passato hanno scolpito, disegnato o eretto monumenti, la storiografia ha il difetto di averle recensite solo raramente sicché tra loro pochissime, come Fede Galizia (1578-1630) o Artemisia Gentileschi (1593-1656), sono conosciute, sebbene così si legga nelle “Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori” di Giorgio Vasari del 1569: "È gran cosa che in tutte quelle virtù et in tutti quelli esercizii ne' quali … hanno voluto le donne intromettersi con qualche studio, elle siano sempre riuscite eccellentissime".



Tradizionali sono i temi delle opere, che guardano ora al mito ora al sacro, come “Giuditta e Oloferne”, “Venere e Amore” oppure “Maddalena penitente”, ma sicuramente non tradizionale, e costellata di avventure, è stata la vita di queste artiste: Marietta Robusti (1554-1590), detta La Tintoretta perché primogenita di Tintoretto, vestiva da garzone pur di lavorare nella bottega del padre. Chiara Varotari (1584-1639), sorella del Padovanino, si cimentò, oltre che nell’arte, nell’arte della scrittura e fu autrice di un trattato dal titolo “Apologia del sesso femminile”. Plautilla Bricci (1616-1705) “architettora”, a Roma realizzò “Villa del Vascello” a Porta San Pancrazio e la “Cappella di San Luigi” nella Chiesa di San Luigi dei Francesi. Elisabetta Sirani (1638-1665), secondo la tradizione morta avvelenata a soli ventisette anni, fu insegnante di pittura fino ad allora prerogativa maschile.

E ancora, continuando a sfogliare le pagine del Vasari:

Su Properzia de’ Rossi (1490-1530), che lavorò nel cantiere della Basilica di San Petronio a Bologna: "Le donne … non si son vergognate … di mettersi con le tenere mani nelle cose mecaniche fra la ruvidezza de' marmi e l'asprezza del ferro, … come fece, ne' nostri dì, Properzia de' Rossi da Bologna".

Su Plautilla Nelli (1524-1588), al secolo Polissena de’ Nelli: entrata nel convento di Santa Caterina da Siena a Firenze, prese i voti a quattordici anni assumendo il nome di Suor Plautilla. Imparò a dipingere copiando i disegni di Fra’ Bartolomeo detto Baccio della Porta, che circolavano nel cenobio: questa suora avrebbe fatto cose ancor più belle "se, come fanno gl'uomini, avesse avuto commodo di studiare e ritrarre cose vive e naturali" e, non avendo dimestichezza in conoscenze di corpi maschili, “nelle sue opere i volti e le fattezze delle donne … sono assai migliorii".

Su Sofonisba Anguissola (1532-1625), ammirata da Antoon Van Dyck: "Ha saputo non pure disegnare, colorire e ritrarre di naturale e copiare eccellentemente cose d'altri, ma da sé sola ha fatto cose rarissime e bellissime di pittura".

Su Lucrezia Quistelli (1541-1594): "Con molta sua lode ha atteso al disegno et alla pittura et attende ancora, avendo imparato da Alessandro Allori allievo del Bronzino".


La mostra, curata da Anna Maria Bava, Gioia Mori e Alain Tapié, non offre una conoscenza solo estetica ma appaga, anche, il desiderio di una conoscenza logica, che nella tecnologia trova l’apice di congiunzione tra la scienza e l’arte nell’impegno dello sponsor principale, la Fondazione Bracco, di studiare con “l’imaging diagnostico”, in cui la Bracco è leader, una delle opere esposte: è un dipinto con Carlo Emanuele I di Savoia ritratto da Giovanna Garzoni che, marchigiana di origine, nel 1600 era riconosciuta pittrice illustre in Italia e in tutta Europa.


Pubblicato sul mensile Il Borghese, numero di maggio 2021



Le foto pubblicate in questa pagina (72 dpi) sono state tratte dalla cartella stampa dell'Ufficio Stampa. 

Nell'ordine:

© Ginevra Cantofoli, Sibilla, Olio su tela, 63x46 cm., Collezione privata, Courtesy Cantore Galleria Antiquaria

© Fede Galizia, Giuditta con la testa di Oloferne, 1601, Olio su tela, 141x108 cm. Ministero per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo – Galleria Borghese

© Elisabetta Sirani, Venere e Amore, 1664, Olio su tela, 101x85 cm., Collezione Privata

© Ginevra Cantofoli, Giovane donna in vesti orientali, seconda metà del XVII secolo, Olio su tela, 65x50 cm., Padova, Museo d'arte Medioevale e moderna, legato del Conte Leonardo Emo Capodilista, 1864   


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