Recensione del 2009 

Luigi Capasso, I FUGGIASCHI DI ERCOLANO. PALEOBIOLOGIA DELLE VITTINE DELL'ERUZIONE VESUVIANA DEL 79 a.C., L'Erma Bretschneider, 2001


A colloquio con

Luigi Capasso

Novembre 2009


a cura di Anna Maria Santoro



 "C. Plinius Tacito s. Petis, ut tibi avunculi mei exitum scribam, quo verius tradere posteris possis". 

"Caio Plinio saluta il caro Tacito. Mi chiedi di scrivere della morte di mio zio affinché tu possa tramandarla ai posteri più adeguatamente" … "Molti giorni prima si era sentita una scossa di terremoto; senza però che vi si desse molta importanza, perché in Campania è normale"; nella sedicesima e ventesima lettera del VI Libro dell'Epistolario, Plinio il Giovane racconta della morte dello zio Plinio il Vecchio, che partito da Miseno perde la vita durante l'eruzione del Vesuvio del 24 e 25 agosto del 79 d.C.; un prezioso documento per la vulcanologia, che oggi propone riflessioni di ordine antropologico se si considerano anche gli scritti di Seneca, che nel Libro VI delle Naturales Quaestiones parla di un precedente terremoto che il 5 Febbraio del 62 aveva colpito quella stessa zona vesuviana provocando il crollo di molti edifici.

Agli inizi del XVIII secolo, durante i lavori di costruzione di un pozzo nell'orto dei Frati Alcantarini, viene scoperta Ercolano. Nel 1738 hanno inizio gli scavi, che nel corso di circa due secoli permettono di riportare alla luce circa un terzo dell'antica estensione della città seppellita da 30 metri di ceneri vulcaniche. Il rinvenimento di case, strade, palazzi suppellettili, statue, mobili, cibi, tessuti e resti di soli sei individui inducono gli studiosi a ipotizzare che, a differenza della vicina Pompei, nell'eruzione del 79 Ercolano fosse stata evacuata con efficacia e che gli abitanti avessero potuto mettersi in salvo. Quando, però, nel 1982 gli scavi si estendono all'antica spiaggia, questa convinzione è drammaticamente smentita: nelle fornici vengono trovati ammassati i resti di oltre 250 persone che la nube ardente aveva ucciso mentre tentavano di mettere in mare una grossa barca trovata capovolta sulla battigia; l'evacuazione della città, dunque, era completamente riuscita ma ciò non era bastato a mettere in salvo la popolazione.


Nel 1993 Baldassarre Conticello, Soprintendente per i Beni Archeologici di Pompei, affida lo studio dei resti di 163 dei circa 250 scheletri presenti sull'antica spiaggia di Ercolano al Professor Luigi Capasso, medico antropologo oggi noto anche per le sue analisi sulla mummia di Similaun e le impronte palmari e digitali di Leonardo. Nel 2000 lo scienziato ne pubblica i risultati sul The Lancet, nel 2001 in un volume di 1088 pagine "I Fuggiaschi di Ercolano" edito da L'Erma di Bretschneider, nel 2005 su "Die Letzten studen von Herculaneum" curato da Philipp von Zabern e nel 2008 gli viene consegnata la Biennial Medal for the Medical Anthropology dal Royal Anthropological Institute e dal Wellcome Intsitute di Londra.

Oltre agli ampi approfondimenti di paleodemografia, paleopatologia, paleobiologia e paleoepidemiologia, la ricerca di Capasso si sofferma sulla dinamica dei fatti che hanno immediatamente preceduto la tragedia di Ercolano. <L'evacuazione della città fu controllata; avvenne probabilmente in fretta ma non nel panico, tanto da non lasciare indietro né bambini né donne incinte, né disabili; o  monili, monete e chiavi di casa. Inoltre, l'unica via che conduce alla spiaggia è un camminamento stretto ed erto, e nessuna vittima è stata trovata lungo questo percorso, come sarebbe stato logico nel caso di una discesa turbolenta. Dunque, la sensazione di pericolo c'era ma non era travolgente>.

Oggi un dato è innegabile e si legge sul sito della Protezione Civile: "per l'alta densità abitativa presente alle pendici e alle sue falde, il Vesuvio è considerato uno dei vulcani a maggior rischio" e, ancora,  "nel 1841 sul Vesuvio è sorto il primo osservatorio vulcanologico al mondo"; tra i direttori, dal 1911 al 1914, c’è anche Giuseppe Mercalli.

Molti Paesi guardano all'Italia per il Know-how del sistema di intervento e soccorso, con particolare riguardo all'esperienza del volontariato, unico nel panorama europeo per estensione e organizzazione. Le attività di monitoraggio e i diversi livelli di allerta, con codici rossi, gialli e blu, pare siano perfettamente pianificati.

Di diversa complessità è il discorso sui terremoti, perché la mappatura delle aree muta continuamente; la sismologia è storica, ossia un'area diventa a rischio perché vi è successo un terremoto. Qualche dato tra i più disastrosi: scossa del 28 Dicembre 1908, 130.000 morti tra Messina e Reggio Calabria; 11 Gennaio 1693, 60.000 morti nella Val di Noto e in Calabria; 5 Febbraio 1783, 50.000 vittime tra Calabria e Sicilia; 13 Gennaio 1915, 33.000 morti ad Avezzano;  3 Gennaio 1117, 30.000 morti tra Verona e il Nord dell’Italia; 4 Febbraio 1169, 20.000 morti solo a Catania; 16 Dicembre 1857, 12.000 morti in Basilicata e Campania; 25 Gennaio 1348, 10.000 morti nella Carinzia; 27 Marzo 1738, 10.000 in Calabria.

Il 23 Novembre 2009 si tiene a  Napoli il Convegno Internazionale Costruire e Conservare in Area Sismica al quale intervengono, tra gli altri, Enzo Siviero, Kojiro Irikura, Claudio Chiarabba: pare che nel nostro Paese un ponte su tre non sia a norma relativamente ai moti tellurici. Tuttavia, un aspetto che in tutti questi eventi è interessante analizzare è la condotta segnalata nel passo dell’Epistolario:  "si era sentita una scossa, senza che vi si desse  importanza, perché in Campania è normale". Che cos’è questa "normalità" di cui parla Plinio? 

Secondo l'antropologo Luigi Capasso <avvertire movimenti sussultori per mesi è una condizione alla quale ci si può assuefare, perché si pensa che il rischio  sia accettabile, rispetto alla certezza di dover abbandonare le proprie cose>. In Italia, poi, è conservato il più grande patrimonio storico-edilizio al mondo: <molti vivono in abitazioni del Settecento, come a L’Aquila, e nonostante le calamità, una casa con cinque o sei secoli  viene vissuta con più emozione rispetto a un appartamento di  nuova costruzione  perché trasmette il calore delle generazioni precedenti; i mattoni antichi custodiscono un patrimonio culturale al quale ci si sente di appartenere>. D’altra parte, come ricostruire, conservandoli, questi centri storici?! <Impossibile: ci vogliono tantissimi fondi>.

Analoghe conclusioni sull'abusivismo: <la densità di popolazione nell'hinterland napoletano è la più alta d'Europa, una delle più elevate al mondo. Una villa abusiva a Portofino, per fare un esempio, accoglie una persona per una  settimana all'anno; una palazzina non autorizzata nella zona del Vesuvio soddisfa, invece, dieci  famiglie; l’impatto sociale è diverso.  Vogliamo procedere al loro abbattimento?! E con quale alternativa edilizia, per mezzo milione di persone?>


Pubblicato sul numero di gennaio 2010, Il Borghese


Ph Anna Maria Santoro: Chieti, maggio 2010, Università "D'Annunzio", convegno su Leonardo da Vinci

   

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