Marco Santi

I mosaici, a Ravenna



 

Marco Santi ha realizzato, nel suo laboratorio di Ravenna, i mosaici del Museo a cielo aperto di Tornareccio (CH) ideato dal gallerista e mecenate Alfredo Paglione. Sono opere di pittori, trasposte in tessere musive. 

L'intervista è stata realizzata per il catalogo "Tornareccio, il paese dove fioriscono i mosaici", Allemandi, Torino, 2017

 


Luogo e data dell' intervista: Ravenna 25 marzo 2017

a cura di Anna Maria Santoro



 Ravenna è triste e dolce agli occhi di Oscar Wilde.
 Il mare l'accarezza e le sue strade, "torbide, bagnate e mute" negli scritti di Hermann Hesse, nascondono un tempo addormentato.


 Quando si arriva a Piazzetta dell'Esarcato, l'assenza dei rumori fa sottile l'aria consegnando ai turisti, che a piedi s'incamminano su un lastricato di pietra lavica, la devozione di un sito iscritto nel Patrimonio dell'Unesco. E' lì che si trova la bottega diretta da Marco Santi, poco lontano dalla Basilica di San Vitale e dal Mausoleo di Galla Placidia.
Spingersi al suo interno vuol dire penetrare in un luogo di operosa creatività, dove i mosaici prendono vita con il linguaggio proprio dell'arte. E’ un'enorme stanza che si estende in lunghezza con diplomi di merito appesi a una parete: qualcuno è logoro, dei primi anni Cinquanta del secolo scorso, e le sue lettere si sfollano sbiadite ai margini.




Vi lavora da trentasette anni, da quando la soprintendenza costruì lì la cittadella dell'arte e del restauro, concedendo quello spazio allo storico Gruppo del 1947 dei mosaicisti di Via Largo Chartres, nel quale era entrato a far parte appena quattordicenne. Testimonia quel legame una foto in bianco e nero scattata nella vecchia sede: Marco Santi è al centro, accanto al suo maestro Sergio Cicognani. Oggi ne prosegue la tradizione, con sei allievi dell'Accademia di Ravenna dove insegna.






Capelli sulle spalle che incorniciano la sicurezza di un volto che pare bruciato dal sole, e mani in tasca nel camice da lavoro, parla del suo incontro avvenuto nel 2005 col gallerista e mecenate Alfredo Paglione, amico di vecchia data, in una specie di monologo che si affolla di ricordi compiaciuti.
<Quando seppi del suo progetto, di installare sui muri delle case di Tornareccio, suo paese natale, le opere dei pittori trasposte in tessere musive, Tornareccio?! – Pensai - Dov'è? Non l'ho mai sentito>.
Si stupì per quell’idea da attuare in un borgo così impervio situato a Est della Maiella Madre, solcato da un saliscendi di stradine adagiate su un territorio abitato fin dal paleolitico ma addolcito dai segni di un misticismo ereditato dai monaci Benedettini Cassinesi.
<Andai a vedere, realizzai i primi tre mosaici che Paglione donò al paese, ma non mi presentai all'inaugurazione. Era troppo lontano>, in cima a raminghe contorsioni di una strada arrampicata sulla montagna.






Quando l’anno successivo fu di nuovo contattato, "Ci sono altre opere da eseguire", s'incuriosì.
<A Tornareccio era iniziato il concorso per artisti selezionati e invitati a proporre i loro dipinti, quaranta per quaranta, perché fossero trasposti in mosaici dalle dimensioni cento per cento>.
Quei rapporti matematici richiamavano alla memoria le mura megalitiche erette in epoca italica a una manciata di chilometri dal paese, impenetrabili nel loro significato: alte quattro metri, scandite da quattro porte, costruite con pietre sbozzate a forma di quadrato.
<M'incuriosii davvero! E andai di nuovo a Tornareccio. E fui colpito dall'amorevole accoglienza degli abitanti e dalla vitalità di un gruppo di ragazzi che seguiva quel progetto.
Realizzarlo non è stato semplice perché gli artisti, per scelta di Paglione, erano tutti figurativi. Ma forse è stata questa difficoltà a trasformare il paese, in due lustri, in un’insolita galleria in cui il passaggio da una forma d’arte all’altra non si è tradotto in semplice riproduzione, ma in soluzioni creative del tutto e sempre originali perché in questa bottega ognuno di noi è artista, non artigiano; è mosaicista, progettista e disegnatore, capace di leggere con intelligenza critica e capire un'opera>.


Sul tavolo centrale c’è una Crocifissione in fieri su fondo d’oro per una chiesa a Beirut. Lo spazio intorno è occupato da un serie di cavalletti, con sacchetti di pietre che accostate diventeranno immagini. E' inodore e buono come una favola appresa nell'infanzia, che protegge con le visioni mentali che suggerisce.




<Chi osserva i mosaici a Tornareccio può coglierne le magie nascoste: non ci siamo limitati a una perfetta somiglianza visiva con l'opera dipinta; siamo andati all'interno del linguaggio di ogni artista, ne abbiamo intuito e riproposto le emozioni.


Rispetto alla pittura il mosaico ha qualcosa in più: è la materia, che attraverso la dimensione delle pietre, la loro povertà o preziosità, gli specchi, gli smalti e le foglie d’oro o d’argento controlla i riflessi della luce, fino a far percepire la meraviglia dissimulata in ogni forma.
Alcune opere hanno le tessere all’apparenza disordinate>.
E' un caos che accondiscende allo scompiglio della natura che talvolta esagera nella bellezza talaltra nella miseria, e costruisce il suo rigore con le sue stesse contraddizioni.
<In altre, invece, la scrupolosità geometrica è demandata al taglio squadrato delle tessere>.
Marco Santi fa una pausa; poi riprende sul metodo di lavoro e l’utilizzo di martellina, tagliolo, tenaglie e di un piano morbido di calce docile, che consente di correggere, togliere e rimettere le tessere con maggior facilità, sostituito, solo al termine, con un collante definitivo.
Oggi, quando si arriva a Tornareccio e si percorrono le sue vie, l'andirivieni delle luci del giorno e delle stagioni dà volti sempre nuovi ai suoi novanta mosaici aggrappati ai muri delle case: <Io li guardo; ne ripercorro con la memoria tutte le fasi vissute in questa bottega, e mi sento come a casa>.  
Chiudendo gli occhi, tutto questo fa pensare ai fiori del deserto del Namàqualand.



Testo pubblicato sul catalogo "Tornareccio, il paese dove fioriscono i mosaici", Allemandi srl, Torino, 2017
 
Ravenna, 2017, Studio di Marco Santi, ph Anna Maria Santoro e Vincenzo D'Onofrio 


Make a free website with Yola