Numeri

Tutto quello che conta, da zero a infinito 

Palazzo delle Esposizioni, Roma 

dal 16 ottobre 2014 al 2 giugno 2015 

a cura di Claudio Bartocci

Coordinamento scientifico ci Luigi Civalleri


Articolo di Anna Maria Santoro



E' imponente su via Nazionale. Si trova in mezzo, tra la Basilica di Santa Maria degli Angeli, con le due porte in bronzo di Mitoraj che s'affacciano sulla fontana delle Naiadi a piazza Esedra, e l'Altare della Patria che svetta, lontana, con la quadriga e la Vittoria alata; alle spalle c'è il Quirinale.

 

Il Palazzo delle Esposizioni si concede così alla Capitale, con una ritrosia che arretra la facciata e ne distanzia dalla strada l'apertura ad arco dell'ingresso con due ordini di gradinate. E' difficile dire quanti siano gli scalini; viene voglia di contarli, oggi, perché all'interno è raccontato, in mostra fino al 2 giugno 2015, il sapere matematico, che richiama alla memoria speculazioni filosofiche connesse ai numeri: il ragionamento come calcolo, di Hobbes; la sostituzione dei segni alle parole, di Leibniz; o la fatica di argomentare sull'infinito nei paradossi di Zenone, sull'infinito attuale e potenziale di Aristotele o sui concetti di Bernard Bolzano e Georg Cantor fino a quando, nella sala numero dieci della mostra, si arriva ad un totale spaesamento: gli specchi alle pareti e sulla volta moltiplicano i visitatori in immagini riflesse multiple, consegnandoli a una visione di apparente prigionia di sé, di difficile individuazione.


Nel legame con l'infinito c'è anche l'idea di Dio: è nel numero irrazionale indicato con la Ф, ovvero 1,6180339887499..., detto numero aureo, o proporzione aurea perché deriva, dati tre termini, ovvero un segmento, lungo a, una sua parte, lunga b, e la parte rimanente, lunga c, dalla seguente proporzione: a:b=b:c, dove il rapporto tra tutto il segmento e la parte più grande è uguale al rapporto tra la parte più grande e la parte più piccola e il risultato è sempre 1,6180339887499 ..., che ha tutte le caratteristiche di Dio perché, come Dio, è ineffabile. Così scrive Pacioli ne La divina proporzione pubblicata nel 1497 illustrata da Leonardo: "comma idio propriamente non se po diffinirene per parolle a noi intédere, così questa nostra proporzione … non se po mai per numero intendibile asegnarene per quantità alcuna rationale esprimere" sicché, qualora lo si scrivesse in pagine e pagine, si riuscirebbe a dirne soltanto un pezzettino.

Le sale si susseguono e si fronteggiano scandite dalle altissime colonne in marmo ocra, che si ripetono modularmente consegnando il ritmo della musica all'architettura, in un ordine che si misura come i lemmi nella poesia o le note nel pentagramma o l'altezza del suono di una corda in vibrazione, inversamente proporzionale alla sua lunghezza.

In un angolo molto buio della stanza numero sette, si è accompagnati in un viaggio misterioso, dall'infinitamente grande all'infinitamente piccolo col video di Ray e Charles Eames realizzato nel 1977 partendo da un rilassante picnic sul lago Michigan: la telecamera si allontana vertiginosamente dalla terra ed esce dalla galassia. Si affacciano altri ammassi di galassie, fino ai confini dell'universo sconosciuto; poi torna indietro. A ritroso arriva al lago e al dettaglio di una mano scrutandone la pelle, le cellule, il DNA, l'atomo e il quark, fino al vuoto infinito come nel cosmo.

L'armonia dei numeri affascina, non si comprende appieno ma si accetta. Come la fede. E si prova, esattamente come chi ha fede, a cercare comunque le conferme; la verifica visiva del teorema di Pitagora è nel triangolo rettangolo, che ruotando su se stesso fa passare il contenuto liquido dalla scatola quadrata, costruito sull'ipotenusa, ai recipienti costruiti sui cateti. C'è anche un diedro, formato da due specchi a semipiani appoggiati su una linea: ci permettono, avvicinandoli, la visione di un poligono che moltiplicandosi nei lati si appressa a diventare circonferenza.


E se in un video viene mostrato come i Masai riescano a contare fino a venti con una sola mano, nella sala centrale sono messi in vista gli strumenti e le macchine di calcolo: una Olivetti Summa Prima del 1960, una Saldorita a cremagliera degli anni Trenta, un'addizionatrice Comptometer-H del 1890, ma anche i regoli di Genaille-Lucas magnetizzati su parete e rimovibili, per leggere il risultato di un prodotto posizionando correttamente le asticelle; i visitatori si aggregano, si consigliano e, legati dall'empatia di quel rapporto transitorio di conoscenza, dissertano su come collocarli senza errori, fino a sedersi insieme per continuare a ragionare sui numeri della mostra.

Su un pannello campeggia un aforisma: "Le difficoltà sono cose che mostrano come sono fatti gli uomini: quelli che provano a fare qualcosa e falliscono sono infinitamente meglio di quelli che non provano a fare niente e ci riescono".


Sono anche esposti il busto di Pitagora del I secolo a.C. proveniente dal Museo Archeologico di Napoli, un peso in bronzo del 522 a.C. dal Louvre, un peso in basalto del 2.600 a.C. dal Museo Egizio di Torino, un abaco cinese dal Quai Branly di Parigi, un contratto di prestito su tavoletta di argilla, del 1.800 a.C. dal Museo della Moneta della Banca d'Italia; e calendari; e il misterioso Quipu, un intreccio di corde della civiltà degli Inca usato, forse, per le contabili registrazioni. C'è anche un'incisione della Melancholia di Dürer che fa comprendere il concetto del quadrato magico.

All'uscita torna in mente la domanda introduttiva: quanti sono gli oggetti all'ingresso della mostra? Se la tendenza è quella di sovrastimarne il numero se disposti con regolarità e sottostimarli se messi alla rinfusa … In testa ronza il nome di Diofanto; di Fibonacci, Tartaglia, Nepero, Gauss e Alan Turing; e il sistema di 9 equazioni, 7 lineari e 2 quadratiche in 10 incognite di Archimede; le equazioni cubiche; il π; il numero e; la radice quadrata di -1.


Pubblicato sul mensile Il Borghese, numero di Febbraio 2015


Roma, 26 dicembre 2014

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