Storia di un frate

Padre Lorenzo

Chieti, febbraio 2008 


Articolo di Anna Maria Santoro



 Al secolo Giustino Polidoro, nato a Chieti il 2 dicembre 1932 a Largo Cremonesi. Primo di sei figli. Alto. Occhi blu.


 A nove anni serve la Messa per la prima volta; è il chierichetto più piccolo della parrocchia. La tunica gli va larga, le maniche sono troppo lunghe eppure si sente il bambino più fortunato del mondo.

 Ribelle. Chiacchierone.

 Un bel giorno nel mezzo di una Celebrazione Eucaristica nella Cattedrale di San Giustino a Chieti, viene fuori anche la sua ostinazione. E' il 6 gennaio del 1941: <Ohp! Questo lo prendo io> lo ammonisce don Eugenio Muffo afferrando lo "strommoletto" che quella notte gli aveva portato la befana. <Non si gioca in sagrestia. Silenzio> e mettendosi la trottola in tasca si avvia all'altare per celebrare la Messa.

 Il piccolo Giustino dietro.

 Arriva il momento dell'Offertorio: <L'acqua unita al vino sia segno ...> Giustino, che rivuole lo "strommoletto", prende l'ampolla e fa un passo indietro.

 <L'acqua ... Vieni qua> gli dice il prete sottovoce <e tu ridammi lo strommoletto> <portami l'ampolla> <nzz!> <Avvicinati!> <E lo strommoletto?> Disorientato, Don Eugenio si fruga nelle tasche e gli restituisce il giocattolo.

 Quando decide di prendere i voti ha solo quindici anni: <Ha gli occhi azzurri, è intelligente, è troppo bello per entrare in convento> dicono a sua madre.

 <Povera mammà. Nella sua ignoranza scolastica da quinta elementare, sapeva leggere e scrivere a malapena, mi ha fatto fare quello che desideravo>.

 

Nelle omelie racconta: <quando un ragazzino dice che vuole farsi prete o, peggio, una ragazzina vuole entrare in convento, ai genitori viene una paralisi e rispondono <Noo, scherzi?>

 Ma come, si accetta che un uomo si innamori di una donna per tutta la vita e non si riesce a capire che ci si può innamorare, di Dio, per tutta la vita? Io mi sono fatto frate perché mi piace. Semplicemente perché mi piace.>

 

Un uomo speciale: noto per le sue omelie, noto in ambito sportivo, noto come perfetto organizzatore di viaggi; noto perché professore di filosofia; noto alla cronaca; e non c'entra il fatto che uno dei suoi fratelli, Guido, sia stato giornalista al Messaggero.

 "Non è un Cappuccino. E' uno spumante" si legge in una poesia di Mario Bosco, a lui dedicata.

 

Dopo l'Ordinazione insegna al Seminario dei frati a Vasto; lavora a Trasacco; poi è nominato parroco della Chiesa di San Pietro Apostolo a Lanciano. Vi rimane per 30 anni. Raccoglie attorno a sé 9.000 persone; alle sue molteplici iniziative partecipa tutta la città, compresi i non credenti delle altre parrocchie.

 A chi gli rimprovera di non essere severo con i non praticanti, come faceva Padre Pio, risponde: <Io non sono Padre Pio. Sono Padre Lorenzo>.

 Una vita esagerata: nel senso che gli piace essere <il prete dei lontani> come lui stesso dice di sé.

 Riesce a realizzare un'infinità di cose:

 Nel 1971 fonda la SPAL Volley mashile e femminile, un acronimo di San Pietro Apostolo Lanciano, che lo vede Presidente e arbitro;

 Nel 1984 la squadra maschile arriva addirittura in Serie A: "Sembra strano vedere un frate seduto in panchina che incoraggia i giocatori" si legge sulla pagina dello sport del “Nuovo”.

 Fonda anche una squadra di calcio maschile, e la televisione TVL;

 Nel 1972 costruisce "L'ostello della gioventù" a Rosello, che oggi è sua intenzione lasciare in eredità al Comune di Lanciano.




 Quando nel 1995 si diffonde la notizia di un suo trasferimento a Chieti, i parrocchiani si ribellano: scrivono al Padre Superiore, al Vescovo, al Papa e in segno di protesta organizzano fiaccolate per mesi.

 Per mesi espongono lenzuola bianche alle finestre.

 Per mesi cantano e suonano la chitarra davanti alla chiesa.

 Vogliono che resti a Lanciano.

 Per mesi si riuniscono ogni lunedì sera e redigono pure i verbali di quegli incontri, per cercare il modo di bloccare il trasferimento a Mater Domini, in quella stessa chiesa, all'epoca piccolissima, dove 37 anni prima era stato ordinato sacerdote e dove ora era chiamato a sostituire Padre Valeriano, un frate sospeso a divinis nel 1993.

 Quel gruppo viene definito "I dissidenti del Lunedì".

 Per mesi la stampa non fa che parlare di lui.

 Solo alcuni dei numerosissimi titoli:

 "Sciopero fiscale per riavere il frate buono. Un'intera cittadinanza minaccia di non versare l'8 per mille alla Chiesa dopo il trasferimento di Padre Lorenzo (Il Giornale del 3 Agosto 1995);

 "Ora diteci perché" (Il Tempo del 19 Agosto 1995);

 "Assemblee di solidarietà a favore dei Cappuccini" (Il Centro del 26 Luglio 1995);

 "Per Padre Lorenzo i fedeli sul piede di guerra" (Il Messaggero del 23 Luglio del 1995);

 E ancora, sul Messaggero del 5 Settembre: "I parrocchiani al momento della lettura della bolla che doveva sancire il passaggio della parrocchia da Padre Lorenzo a Padre Vincenzo giunto da Pescara, sono usciti in silenzio dalla chiesa e si sono radunati sulla gradinata a pregare e cantare: ... Rimasti soli, i frati hanno pensato di rinviare ad altra occasione la lettura della bolla".

 Eccetera eccetera.

 

 Infine la sua risposta: "Sono frate e obbedisco, ma ..." (Il Tempo dell'1 Settembre 1995).

 E il trasferimento è attuato.

 Per lungo tempo i suoi ex parrocchiani, che non si rassegnano, vanno a Chieti per la Santa Messa: ogni domenica organizzano un pullman da Lanciano.

 Poi, quel frate dalla lunga barba bianca comincia ad avere un seguito numeroso anche a Mater Domini, da altre parrocchie della città.

 



I suoi pellegrinaggi sono mitici: uniscono i teatini ai frentani e dovunque si vada, Padre Lorenzo riesce a sintetizzare preghiera e conoscenza storica, spiritualità interiore e spiritualità dei luoghi, che sia Lourdes o Amsterdam, Fatima o Atene, Santiago di Compostela oppure Oslo, Czestochowa o Parigi, Taizé o Praga, Averna o Istanbul, Auschwitz o Budapest, luogo religioso o profano. All’Ave Maria e al Padre Nostro si aggiungono le visite ai Musei e ai castelli medioevali, perché per lui l'arte e la storia appartengono al sacro.





 Le frasi delle sue omelie diventano aforismi: <Non ho la macchina. Io non ho la patente; faccio l'autostop. Avete mai viaggiato con Tognazzi? Io sì. Avete mai viaggiato con Villoresi della Formula Uno? Io sì. Facendo lo stop>.

 O ancora: <Dio ci ha dato la vita per godercela. Ecco, io sono frate, e voi non vi aspettate che vi dica "andatevene alle Bahamas". Il mondo è come un castello. Io ne ho viste tante di stanze, ma vorrei vederne ancora un'altra, di questo castello che è il mondo>.




E ancora: <Pare che dopo la laurea non si leggano più libri: uno che fa così vuol dire che subisce la vita! Noi la vita la dobbiamo aggredire, la dobbiamo capire e all'ultimo, come ci dice Luca, dobbiamo meditare sugli avvenimenti scoprendo la bontà di Dio>.

 <Quando fate le cose fatele cantando, con la gioia nel cuore>.

E <Abituate i vostri figli a mettere le radici con voi, ma poi educateli a mettere le ali. I figli non sono vostri. I figli sono del mondo. Sono di tutti>.

<La felicità non è un luogo dove si arriva ma una strada che si percorre>.

<Penso che la cosa più bella che Gesù abbia detto sia questa: qualunque cosa farete all'ultimo dei miei fratelli, l'avete fatta a me>.




 11 Febbraio 2008: Padre Lorenzo compie 50 anni di sacerdozio, ma per lui la vera festa è a giugno, perché a giugno ha celebrato la prima Messa.

Pubblicato a Febbraio del 2008 su "Il Giornale della Frentania"


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