Tiziano e l'immagine della donna

nel Cinquecento veneziano 

Palazzo Reale, Milano 

dal 23 febbraio al 5 giugno 2022 

a cura di Sylvia Ferino


Articolo di Anna Maria Santoro



  TIZIANO e l’immagine della donna nel Cinquecento veneziano è la mostra che a Milano, a Palazzo Reale fino al 5 giugno, esalta la bellezza di scrittrici, cortigiane, nobili, eroine e sante che nella pittura veneziana del XVI secolo sono state ritratte da Tiziano e dai suoi contemporanei: Giorgione, Lotto, Palma il Vecchio, Veronese, Tintoretto.
  Curata da Sylvia Ferino, coprodotta dal Comune e da Skira editore con il partenariato della Fondazione Bracco e la collaborazione del Kunsthistorisches Museum di Vienna, è dedicata alla natura femminile e tocca quella disputa, tra poesia e pittura, tra godimento di fantasia letteraria e piacere visivo erotizzante dei dipinti, che trova la sua origine in Aristotele: la poesia, affidandosi al suo etimo ποιέω – faccio - fa un mondo di parole; ed è arte del dire.

  Il percorso espositivo, che ai quadri aggiunge sculture, gioielli, libri e grafiche, si declina in otto sezioni: un Prologo, i Ritratti, Le belle veneziane, Coppie di amanti, Eroine e sante, Letterati e poetesse, Venere e gli amori degli dei, le Allegorie; sono per lo più ritratti di amanti, spose, oppure madri dedite alla prole che nel sistema sociale patriarcale sembravano escluse dalla vita politica. Tuttavia, recenti studi hanno evidenziato aspetti nuovi, e nuovi ruoli, che nella città lagunare tali figure andavano assumendo, come si legge nel saggio della curatrice: «un certo numero di signore riuscì a raggiungere un alto livello di istruzione e a ottenere la fama grazie ai propri scritti. Venezia era il centro dell’editoria: qui si stampavano le opere letterarie delle donne di tutta Italia». Sicché, si annoverava un numero non basso di scrittrici, come Moderata Fonte o Lucrezia Marinelli, entrambe nate a Venezia nel 1555 l’una e nel 1571 l’altra, che concentrarono l’attenzione dei lettori sulla condizione del genere femminile: "Il merito delle donne", di Moderata Fonte, metteva in luce quanto, nella società dell’epoca, il riconoscimento di superiorità degli uomini fosse arbitrario. "La nobiltà et l'eccellenza delle donne co' difetti et mancamenti de gli uomini", di Lucrezia Marinelli, evidenziava la tendenza misogina discussa nel dibattito letterario che a quel tempo si andava sviluppando in Europa con l’espressione "La querelle des femmes".

  Tuttavia, comprendere il soggetto femminile della Venezia cinquecentesca non significa indagare solo sull’erudizione delle dame ma, come ha osservato Sylvia Ferino, studiarne anche le pose e la gestualità. Un aiuto in tal senso arriva dallo storiografo Giovanni Bonifacio che nell’Arte de’ cenni, del 1616, decodificò le espressioni corporee, dall’antichità al Seicento: un volto leggermente reclinato o una donna che si scopre il seno non rappresenta inevitabilmente una meretrice, come si era ritenuto nel passato; così scrive Sylvia Ferino: «L’esposizione del seno non ha necessariamente a che fare con l’incoraggiamento erotico che ci si aspettava dalle cortigiane, ma può significare il consenso al fidanzamento o al matrimonio». Ne sono un esempio "Giovane donna con cappello piumato" del 1536 di Tiziano, "Laura" del 1506 di Giorgione, "Ritratto di donna del 1536 di Bernardino Licinio".



  Altro elemento dei ritratti femminili nel Cinquecento veneziano, che siano sante, figure mitologiche oppure divinità, è l’erotismo sorprendentemente sofisticato: «L’erotismo», scrive la curatrice, «esigeva tanta raffinatezza da parte degli artisti quanta ne richiedeva all’osservatore».
Indubbiamente, al fascino voluttuoso si affianca, nella mostra, la percezione di un ideale di grazia senza tempo: «Sembra quasi che i pittori, da Giovanni Bellini a Giorgione, da Tiziano a Palma il Vecchio, e altri produttori di “belle donne”, abbiano adottato il modo di abbellire l’effigiata seguendo canoni ideali»: nel Ritratto a Isabella d’Este, datato tra il 1534 e il 1536 quando Isabella aveva ormai superato i sessanta anni, Tiziano la ritrae come fosse una fanciulla, aggiungendo quell’ideale di eleganza che nell’acconciatura e nell’abbigliamento la rese un modello da imitare.


  Infine, un’attenzione a sé merita il colore, tono su tono con velature sovrapposte che definiscono lo spazio senza l’uso del chiaroscuro. E’ una stesura diversa da quella in voga a Firenze, perché si adatta allo spirito del luogo e alla luce di Venezia: «L’atmosfera lagunare», scriveva Gombrich, «che sfuma i contorni troppo netti delle cose, può avere insegnato, ai pittori di quella città, a usare il colore con un’attenzione maggiore di quanto non avessero mai fatto fino ad allora gli altri pittori italiani», interessati al segno. Nel suo ultimo quadro, del 1576, progettato per la sua cappella funebre e non ultimato a causa della peste, Tiziano pare che abbia steso i colori non con i pennelli ma con le dita: giovanissimo, aveva ricevuto le prime istruzioni pittoriche da Gentile Bellini, Giovanni Bellini e nella scuola di Giorgione che avevano impiegato la luce per conferire unità. Tiziano arrivò a produrre, si legge in un saggio di Speroni riportato dalla curatrice, «immagini più belle di quanto la natura fosse in grado di fare» al punto che, riferiscono i suoi biografi, il grande imperatore Carlo V gli fece l’onore di chinarsi a raccogliere un pennello che aveva lasciato cadere dalle mani. 

Pubblicato sul mensile Il Borghese, numero di marzo 2022

Le foto pubblicate in questa pagina (72 dpi) sono tratte dalla cartella stampa dell'Ufficio Stampa. 

Nell'ordine:

© Tiziano, Lucrezia e suo marito, 1515 ca., olio su legno di pioppo, 82x68 cm, Vienna, Kunsthistorisches Museum

© Giorgione, Laura, 1506, olio su tela su legno di abete, 41x33,6 cm, Vienna, Kunsthistorisches Museum

© Bernardino Licinio, Ritratto di donna che scopre il seno, 1536, olio su tela, 96x83 cm, Bergamo, collezione privata

© Tiziano, Isabella d’Este in nero, 1534-1536 ca., olio su tela, 102,4x64,7 cm, Vienna, Kunsthistorisches Museum



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