Alfredo Paglione

L'ultimo mecenate, L'arte come mistero 




Luogo e data dell'intervista: Giulianova (CH), giugno 2009

A cura di Anna Maria Santoro



 La muraglia megalitica di epoca italica, che si estende tra le rocce calcaree del Monte Pallano a Est della Majella Madre, pare proteggere alle spalle il piccolo paese di Tornareccio, un luogo di poche case abitato fin dal paleolitico.

Quel sito archeologico, che sul Pallano si erge dal IV secolo a.C., ha mantenuto intatta la sua antica serenità, in un saliscendi di stradine dal sapore mistico ereditato dai Benedettini Cassinesi sotto il feudo dell'Abbazia di Farfa: è qui che è nato Alfredo Paglione. L'ultimo Mecenate. Portavoce dell'estetica del Sublime. Gallerista per otto lustri a Milano; senza eredi, sta cedendo ai Musei in Terra d'Abruzzo la sua intera collezione d'arte del Novecento.



Aveva sette anni quando, nel 1943, in quel sito archeologico vicino casa andava a giocare nascondendosi tra le feritoie delle antiche mura. Nella sua fantasia bambina il Monte Pallano <era il luogo del Mito, dei Paladini di Francia e del Morgante Maggiore. Era il Mistero>, come Mistero per lui è l'arte, in una visione crociana di autonomia della sfera estetica rispetto alla logica: <apprensione immediata di un contenuto sensibile, l'arte è intuizione del Vero. I mercanti umili servitori>.

Estraneo alle tendenze effimere dei maestri contemporanei, nei suoi luoghi espositivi bandisce gli stereotipi imposti dal mercato, prediligendo il figurativo: di Rauschenberg, lontano dalla sua weltanschauung, non esporrà mai le ben più note installazioni ma soltanto le tele nelle quali la pennellata è al servizio della costruzione iconica.

Testimone delle controversie sul ruolo dei critici e del dibattito tra Giulio Carlo Argan e Raffaele De Grada, sulla necessità di interventi a priori o di decodifiche semantiche a posteriori, Paglione afferma l'obbligo morale della libera scelta dell'artista che <deve rispondere unicamente alla propria creatività come testimone, come ribelle o come accusatore, in stretto rapporto con la Storia, senza mai abbandonare la Bellezza>.

Nella sua galleria sostano spesso grandi scrittori, anche solo per caso: <stremato dalla canicola, entrò un giorno Salvatore Quasimodo; per riposarsi un po' si sedette davanti a un quadro, senza parlare per un'ora>.

Quel luogo è, per Sciascia, Buzzati, Ungaretti, Fabiani, Gatto, Montanelli e Fagiolo dell'Arco l'ambiente naturale dove incontrare gli amici pittori, in un viavai di creatività che ispira Paglione a pubblicare preziosissimi libri dove i testi poetici sono affiancati ad acqueforti e grafiche.

L'amore per le liriche lo aveva coltivato al liceo classico, in quella stessa scuola del convento seicentesco degli Scolopi a Chieti dove avevano conseguito la maturità Gabriele D'Annunzio, Edoardo Scarfoglio, Ugo Spirito ed Ettore Paratore.

Quando nel 1955, diciannovenne, si iscrive all'Università a Roma, mette in valigia La Bibbia e I Promessi Sposi.

<La mia vita nell'arte nasce da incontri apparentemente casuali, ineludibili se penso a quello che sarebbe accaduto>.

Nella mondanità della Capitale conosce alcuni studenti del Conservatorio Santa Cecilia, tra i quali Helenita Olivares che a quel tempo, fidanzata di Aligi Sassu, abitava in un istituto di suore insieme alla sorella di Lucio Fontana.

Ricorda l'invito di Sassu nella sua casa ad Albissola Marittima: <affrescata con temi mitologici. Lì conobbi il più bel mondo dell'arte: Lucio Fontana, Giuseppe Capogrossi, Enrico Baj, Agenore Fabbri, Asger Jorn, Karel Appel, Emilio Scanavino, Giacomo Manzù, Wifredo Lam>.

Nel 1960 si reca in Colombia per una tesi sui Chibchas per la rivista Pianeta edita dalla De Agostini, perché <fui incuriosito dalle grandi statue in pietra che quelle popolazioni, esperte nella lavorazione dell'oro, scolpivano simili a quelle dell'isola di Pasqua>; vi rimane un anno, lavorando come impresario di Helenita che le fa conoscere la sorella: Teresita Olivares, violoncellista di talento, la sposerà nel 1967 condividendo con lei tutto il suo amore per l'arte.

Nel 1961 si trasferisce a Milano dove gli viene affidata l'ideazione del teatro “La Piccola Commenda che l'ingegnere Angelo Pizzoli aveva acquistato come dono per la bellissima moglie Dolores Olivan, allieva, al “Piccolo”, di Paolo Grassi e Giorgio Strehler: <Mi occupai perfino dell'arredamento. Feci dipingere le pareti da Sassu; la prima scenografia la affidai a Lucio Fontana per “Una notte fuori” di Harold Pinter interpretata da Paola Borboni>.

Quando il 21 dicembre del 1963 inaugura la Galleria 32, al numero civico 32 in Piazza della Repubblica a Milano, tiene a mente la lezione di Kahnweiler: <i veri mercanti devono avere piccole gallerie e grandi depositi>. Per la caparra si fa prestare 700mila lire dal cognato. Il settimanale <Oggi> titola un articolo di due pagine:  <Iniziò con una cambiale in bianco di Aligi Sassu>. 

Il sodalizio tra le famiglie Sassu, Olivares, Paglione si rafforza: le vacanze le passano sempre insieme a Maiorca che Aligi definisce <la sua Sardegna con la luce più dolce>.

La sede della Galleria 32 viene trasferita due volte: nel 1966 in Via Brera al numero 6 e nel 1989 in Via Appiani 1.

Vicino agli ambienti ecclesiastici, durante il pontificato di Paolo VI contribuisce alla creazione della collezione di arte religiosa moderna dei Musei Vaticani e dona, per la raccolta di arte sacra della Santa Casa di Loreto, tre nuclei di opere: il primo nel 1975 per il Settimo Centenario della Trasvolazione, il secondo per il Giubileo del 2000 e l'ultimo nel 2005; in catalogo l'introduzione dell'arcivescovo Bruno Forte.

Seguono altre donazioni: nel 2002 80 dipinti che dopo la mostra Mediterrania andranno a costituire il patrimonio della Galleria Civica di Arte Moderna nel Palazzo cinquecentesco D'Avalos a Vasto; nel 2003 58 acquerelli su “I Promessi Sposi”, che Aligi Sassu realizzò nel 1943: li cede alla Fondazione della Cassa di Risparmio stringendo, contemporaneamente, un gemellaggio tra l'Università Gabriele D'Annunzio e la Casa del Manzoni a Milano; nel 2004 dona 101 dipinti alla Pinacoteca Barbella di Chieti; nello stesso anno 32 opere al suo paese natale Tornareccio; nel 2008 206 ceramiche e sculture in bronzo e argento a Castelli. In predicato altre donazioni: 310 grafiche al Museo Archeologico di Atri; 250 opere al Palazzo De Majo a Chieti; 60 al Mumi di Francavilla al Mare; 200 opere su carta al Comune di Atessa.




Tutte opere di grande pregio: Mirò, Chagall, de Chirico, Campigli, Manzù, Messina, Guttuso, Migneco, Savinio, Grosz, Carroll, i Cascella, Bonichi, Carmassi, Banchieri, Mensa, Ortega, Quetgles, Sassu.

Nel 2008 crea la Fondazione Crocevia a Milano e la intitolata alla moglie Teresita scomparsa nello stesso anno.

Oggi, qualcosa è mutato in quel borgo del Monte Pallano: <Il paese dei grandi macigni, dei Paladini di Francia e del Morgante Maggiore è divenuto il luogo delle piccole pietre, piccole pietre per i mosaici> che dal 2006 decorano le facciate delle case per un <Museo a cielo aperto>.

Tra le cerrete e le boscaglie di carpinella nulla è perduto dello Spirito antico e tutto, ai piedi del Monte Pallano, ha ancora il sapore del misticismo perché <L'opera d'arte è preghiera; i musei come chiese>.  




  


















Pubblicato a Giugno 2009 su <Il Borghese>


Chieti e Giulianova, 2004 e nel 2009, ph Anna Maria Santoro ©  

Su Alfredo Paglione si legga anche l'articolo di Anna Maria Santoro pubblicato su

Il Tempo del 15 Agosto 2004

 

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