Antonio Ligabue

La Galleria BPER Banca, Modena 

dal 16 settembre 2022 al 5 febbraio 2023 

a cura di Sandro Parmiggiani


Articolo di Anna Maria Santoro



  A Modena, poco distante dal Duomo, la mostra «Antonio Ligabue. L’ora senz’ombra» è visitabile fino al 5 febbraio 2023 in Via Scudari 9, in uno spazio espositivo di BPER Banca aperto al pubblico dal 2017 che accoglie sia una sezione permanente con collezioni d’arte dal Quattrocento al Novecento, sia una sezione dedicata alle mostre temporanee.

  I quadri di Ligabue, una ventina, appartenenti in parte a privati in parte al patrimonio culturale di BPER Banca la cui responsabile è Sabrina Bianchi, sono collocati lungo un percorso che presenta anche opere del Rinascimento e del Barocco, dall’«Adorazione del Bambino con San Bernardino» di Cristoforo Canozi da Lendinara, databile tra il 1450 e il 1465, alla «Madonna della rosa» di Michele Desubleo.




  Ligabue era solito dipingere autoritratti, scene di duro lavoro nei campi e lotte tra animali tra cui, in esposizione a Modena, «Leonessa con zebra» del 1959, immagine guida della mostra.

  «L’è matt, l’è sbalé», diceva di lui la gente quando passava per le strade della Bassa reggiana con la tela e i pennelli legati con due funi sulle spalle. «Contorceva il proprio corpo; emetteva i versi dell’animale che stava per ritrarre, appropriandosi del suo spirito vitale per meglio poterlo raffigurare», si legge nel saggio di Sandro Parmiggiani, curatore della mostra.



  Persona dal carattere non comune, nel 1961 così scrive di lui Grazia Livi, in un articolo pubblicato sul settimanale «Epoca»: «Per riuscire a incontrarlo, c’è voluta la pazienza di un detective perché Ligabue, che in realtà si chiama Laccabue nome che ha rinnegato, non ha vera coscienza dei suoi impegni né dei suoi recapiti. Ma ecco, che avanza, verso lo stanzone che gli serve da studio a Reggio Emilia, insaccato in un logoro giaccone di pelle e in un paio di calzoni sformati, con un berretto che gli lascia scoperte le grandi orecchie. “Lei è una dei giornali?” Chiede cupo».

  Una vita tormentata: Ligabue nasce il 18 dicembre del 1899 a Zurigo in Svizzera. Il padre è ignoto; viene registrato con il cognome della madre Elisabetta Costa e affidato a un’anziana coppia svizzero-tedesca senza figli. L’anno dopo assume il cognome Laccabue, dell’emigrante italiano nativo nel Comune di Gualtieri in provincia di Reggio Emilia, sposato dalla madre nel 1901. Alle scuole elementari viene inserito in una classe differenziale; nel 1912 è affidato a un «istituto per ragazzi deficienti» a Tablat e, successivamente, all’Istituto di Marbach dove manifesta crisi nervose che riesce a calmare solo attraverso il disegno in cui, protagonisti, sono gli animali. 

  Nel 1915 viene mandato a lavorare i campi, ma fugge dopo aver assistito all’uccisione di una capra. Sempre in Svizzera, ha inizio una vita errabonda in cui ha modo di vedere le opere dei pittori girovaghi. A seguito di stati di ubriachezza, viene ricoverato in una clinica psichiatrica a Pfäfers e alle sue dimissioni, anziché riprendere a vivere nella famiglia di adozione, ricomincia a girovagare. E’ in questo periodo che visita il Kunstmuseum. A diciannove anni sua madre adottiva, non immaginando le conseguenze del suo gesto, lo denuncia per aggressione: viene espulso da Zurigo e instradato a Gualtieri, Comune di origine del marito della madre biologica. In Italia non capisce una parola perché parla solo tedesco, e non riuscendo a comunicare con nessuno, tenta di rientrare clandestinamente in Svizzera ma viene fermato a Lodi. Da quel momento si rifugia in uno stato di isolamento totale nei boschi lungo gli argini del fiume Po, patendo freddo e fame, fino all’incontro fortuito nel 1929 con Renato Marino Mazzacurati che, vedendo un covone muoversi, si avvicina incuriosito e scopre che all’interno c’è Ligabue con indosso una divisa imbottita di paglia: lo ospita per un breve periodo nella sua casa, e gli insegna a usare i colori a olio. 

  Nel 1937, nel 1940 e nel 1945 viene internato in un Istituto psichiatrico, a Reggio Emilia, dove dipinge molto. La stampa inizia a interessarsi alla sua arte e, dimesso, trova ricovero in una struttura per indigenti. 



  Con le prime mostre esce dalle ristrettezze economiche: nel 1955 viene allestita la sua prima personale a Mantova; vince il Premio Suzzara ed espone, nel 1961, alla «Galleria La Barcaccia» di Roma. L’anno dopo il Comune di Guastalla gli dedica un’antologica. Appassionato di moto «Guzzi» rosse, arriva a comprarne quindici insieme a tre automobili, ma a novembre dello stesso anno viene colpito da emiparesi. Ricade in uno stato di povertà assoluta e muore nel 1965.


  La mostra è arricchita da documenti, a cura di Chiara Bombardieri responsabile dell’Archivio dell’ex Ospedale psichiatrico San Lazzaro di Reggio Emilia, che ricostruiscono le vicende psichiatriche dell’artista, presenti nel catalogo. Vi si legge: «Nullatenente», «celibe», «si batte il naso con i sassi» e, in una lettera datata 22 marzo 1941 e firmata dal direttore Aldo Bertolani: «Dipinge senza disegno preventivo. Comincia dall’alto della tavola e scende, con pentimenti e correzioni, sino al margine inferiore. Attendiamo la buona stagione per dimetterlo. Egli reclama la libertà».




Articolo pubblicato sul mensile Il Borghese, numero di dicembre 2022


Le foto pubblicate in questa pagina e nella pagina precedente sono state tratte dalla cartella stampa dell'Ufficio Stampa CSArt. 

Nell'ordine:

Antonio Ligabue, Leonessa che azzanna una zebra, 1950-55, olio su faesite, 72x88 cm, Collezione BPER Banca


Antoniio Ligabue,Antonio Ligabue, Autoritratto con cavalletto, s.d. (1954-55), olio su tavola di faesite, 199x130 cm, Collezione BPER Banca

Antonio Ligabue, Caccia grossa, 1929, olio su tavola di compensato, 66x64 cm

Antonio Ligabue, Circo, 1941-1942, olio su cartone telato, 30x40 cm

Antonio Ligabue, Volpe in fug, 1948, olio su tavola di faesite, 60x75 cm



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