Logo del Festival della Filosofia 2019, foto tratta dal sito ufficiale del Festival
Settembre 2019
FESTIVAL DELLA FILOSOFIA 2019
Modena Carpi e Sassuolo
PERSONA
Foto del logo, dal sito del Festival, particolare
di Anna Maria Santoro
A che cosa serve la filosofia? "A nulla" diceva Ortensio in un dialogo con Cicerone il quale, al contrario, esortava ad amarla perché "niente è più piacevole della sapienza". Ma se davvero fosse nulla, perché mai il suo richiamo è tale da riempire teatri e piazze a Modena Carpi e Sassuolo che per tre giorni a metà settembre ormai da quattro lustri la celebrano con un Festival? Forse perché, come sostiene Giorgio Agamben, essa non ha confini.
Le lezioni magistrali dell’edizione 2019 sono attorno alle tematiche della categoria “Persona”. E’ un termine che usavano i latini per indicare la maschera portata sulla scena dagli attori dell’antica Grecia fatta in modo che la bocca potesse rafforzare il suono della voce - per sonar- risuonare attraverso; indica un nascondimento ma allo stesso tempo identifica un personaggio.
Il logo del festival è una scritta a inchiostro rosso “FRAGILE maneggiare con cura” perché parlare di persona significa trattare delle sue fragilità: di malattia e di eutanasia attraverso le riflessioni di Michael Quante e Paolo Flores D’Arcais, ma anche ragionare di appartenenza e identità culturali con Colin Crouch e Olivier Roy.
Non viene tralasciata neppure la dimensione antropologica che nella dissertazione della filologa Maria Bettetini approfondisce il significato iconologico del velo islamico come segno non univoco, di appartenenza o di sottomissione.
La persona è analizzata ricorrendo anche ai filosofi del passato con Giuseppe Cambiano che riferisce sulla condizione degli andràpoda e sull’uomo politico di Aristotele, e Massimo Mori che richiama Kant “agisci in modo da trattare l’umanità come fine e non come mezzo”.
Per tre giorni le strade pullulano di voci, di passi e di applausi interminabili. Anche i caffè partecipano alla festa: “focaccia filosofica buonissima” si legge in un bar di Modena di fronte alla chiesa di San Giovanni Battista che al suo interno presenta quadri e installazioni che esplorano e documentano lo studio della figura umana.
Segno della persona è pure un volto o un nome: l’Archivio storico di Modena accoglie una mostra il cui titolo “Nomen omen” rimanda a un’antica credenza secondo la quale il nome che si sceglie per un neonato determina il suo destino; “Il tuo nome è la tua essenza” scriveva Jung nel Libro rosso.
Alla Galleria Estense sono esposte le foto di Steve McCurry scattate a persone intente a leggere lungo le strade, al mercato o all’ingresso di misere case. Esse rimandano a uno scritto di Umberto Eco: “Chi legge avrà vissuto 5.000 anni: c’era quando Caino ha ucciso Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito”. A Carpi la XIX Biennale di xilografia a Palazzo dei Pio ha per titolo “Personae” con disegni di Picasso, Kirchner e Chagall.
Mostre, concerti, film, testi teatrali e lezioni si susseguono col desiderio insaziabile di scoprire il senso della vita: Alain Ehrenberg, in traduzione simultanea a piazza Grande a Modena e in francese in diretta streaming nella chiesa di San Carlo, indaga sulla malattia mentale; Paolo Ercolani è a Sassuolo; giovane, capelli appena brizzolati, parla dei social: “un giorno ho chiesto agli studenti perché immortalano momenti insignificanti della loro vita. La risposta mi ha raggelato: - “Mi sento di non esistere se non lo faccio!” - La tecnologia mette in comunicazione ma poi, nella vita reale, si è sempre più soli”. L’applauso sembra non finire.
Si alza: “Visto che siete tanti, posso farvi una foto così la metto su instagram?” Lo scoppio di risa è inarrestabile.
Mancano, per motivi di salute, Remo Bodei, Emanuele Severino e Jean-Luc Nancy.
A Carpi Michel Agier parla di outsider, foreign, stranger e alien.
Il sole picchia. Stefano Massini sale sul palco di Piazza Grande a Modena, oltrepassa il tavolo e si avvicina al pubblico. Rimane per un’ora e mezza così, dicendo che non vuol essere riparato dal sole per solidarietà con la platea. Disserta sulla sopravvivenza, un termine che usiamo per indicare circostanze eccezionali quando invece la nostra vita presenta rischi continuamente. Termina la conferenza con un “Ciao!”.
Mentre si attende la disamina di Michela Marzano su cosa resta quando si perde la memoria, tra il pubblico una donna molto in là con gli anni si appoggia in piedi e malferma alle transenne e nessuno, tra i giovani seduti, le cede il posto.
Marc Augé arriva con passo lento. Parla dell’"essere in sé e per sé" di Sartre e quando scende dal palco va a sedersi in prima fila per ascoltare Umberto Galimberti.
Cupo in volto, Galimberti appare molto adirato: Viviamo in un mondo senza valori, in cui si strilla al cellulare per strada come pazzi e in cui diamo importanza soltanto alla produzione. <E ora, non chiedetemi che cosa si può fare. Proprio niente con questo sfondo mentale!>
Trenta gradi! Sembra piena estate. Un uomo si aggira urlando “Non basta fare le opere. Andrete all’inferno”.
Il portale del vicino duomo è aperto. C’è la messa ed è il momento dell’atto penitenziale “Signore pietà”.
Al festival di quest’anno manca Tullio Gregory. Ci ha lasciati il 2 marzo 2019.
Articolo pubblicato sul mensile Il Borghese, numero di novembre 2019
Modena, Cari Sassuolo, Festival della Filosofia 2019, ph Anna Maria Santoro ©, ad eccezione del logo tratto dalla Stampa.
La foto che ritrae Tullio Gregory è stata scattata durante il Festival del 2018, ph Anna Maria Santtoro ©
Alain Ehrenberg
Paolo Ercolani
Michel Agier
Stefano Massini
Michela Marzano
Mar Augé
Umberto Galimberti
Tullio Gregory (foto del 2018)
Nell'ordine di pubblicazione, le opere d'arte esposte nella Chiesa di San Giovanni Battista a Modena:
Andreas Senoner, Mask (moulting), 2018, legno policromo piume, 48 x 15 x 14 cm e Nest, 2018, legno policromo, licheni, 49 x 17,5 x 16 cm
Omar Galliani, Blu oltremare, 2018, pastello e tempera su tavola, 1,20 x 1,20 cm.
Matteo Lucca, Figure di pane