Giotto e il Novecento

Mart, Rovereto 

dal 6 dicembre 2022 all'1 maggio 2023 

a cura di Alessandra Taddia 

da un'idea di Vittorio Sgardi



Articolo di Anna Maria Santoro



  Rovereto è poco distante dalla sponda settentrionale del Lago di Garda; ha un volto antico e moderno insieme; è la città trait d’union tra la cultura germanica e latina. E’ la città in cui si fanno strada le idee di filosofi, intellettuali e artisti: Antonio Rosmini, Carlo Belli e Fausto Melotti. E’ la città in cui Fortunato Depero apprende il suo sapere alla «Realschule» e nella quale, dopo il 1919, stabilisce la sua dimora che chiama «Casa d’Arte Futurista»; vi crea tappeti, giocattoli, marionette, mobili, vestiti, oggetti, libri, manifesti pubblicitari, costumi teatrali e scenografie, e in cuor suo essa diventa: la fantastica «Casa del mago». E’ la città, Rovereto, che affascina i turisti per le sue mura medioevali, il castello, le tracce architettoniche del governo della Serenissima, i palazzi settecenteschi e le sue rogge sulle quali, un tempo, erano costruite le case dei tintori e le filande. Dal 2002 la città accoglie, in Corso Bettini, la sede principale del Mart: è il Museo disegnato da Mario Botta, progettato in collaborazione con Giulio Andreolli, per raccontare l’arte moderna e contemporanea. Evoca, nella forma della cupola ma non nei materiali, acciaio e vetro, la copertura del Pantheon a Roma, e vi si accede non da una porta ma attraverso un piazza.
Fino al 19 marzo 2023, le sue sale espositive ospitano la mostra «Giotto e il Novecento». Nata da un’idea di Vittorio Sgarbi e curata da Alessandra Tiddia, è una raccolta di duecento opere realizzate nel XX secolo da artisti che hanno guardato a Giotto come fonte di ispirazione per forme, colori, costruzione degli spazi, senso plastico, volumi, atmosfere e umanità nei volti e nei gesti delle figure. Sono pittori e scultori, tra cui Carlo Carrà, Arturo Martini, Mario Sironi, Massimo Campigli, Achille Funi, Giacomo Manzù, Giovanni Michelucci, Giorgio Morandi, Ottone Rosai, Gino Severini, Omar Galliani, nelle cui opere è presente la memoria degli affreschi trecenteschi eseguiti da Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova, nella Basilica di San Francesco ad Assisi e nelle Cappelle Bardi e Peruzzi della Chiesa di Santa Croce a Firenze.
La mostra scopre, così, un rapporto con un passato che nel suo divenire arriva al presente con nuove forme, ma anche attraverso profondi ed espressi significati:


Nel 1906 Giorgio de Chirico (1888-1978), affascinato a Firenze dagli affreschi della Chiesa di Santa Croce, ne studia la costruzione compositiva e così scrive: «In Giotto il senso architettonico raggiunge spazi metafisici».



Nel 1911 Carlo Carrà (1881-1966), in un clima futurista e d’avanguardista, pubblica sulla rivista «La Voce» un testo dal titolo «La parlata su Giotto» e nel 1924, su «Valori plastici», sottolinea l’attualità del Maestro toscano definendolo «massiccio visionario trecentista», e così ne descrive le affinità: «Faccio ritorno a forme primitive, concrete. Mi sento un Giotto dei miei tempi».


Henri Matisse (1869-1956) trae, dalla Cappella degli Scrovegni visitata in più occasioni, quella piacevolezza emotiva che fa dell’espressionismo uno dei suoi punti cardine: il colore smagliante delle stelle, evidenziate dal blu del cielo sulla volta della cappella, è da lui ripreso nell’opera «Icaro» del 1944: «Quando vedo gli affreschi di Giotto non mi preoccupo di sapere quale scena di Cristo ho sotto gli occhi», si legge nei suoi scritti, «percepisco immediatamente il sentimento che ne emerge».



Mario Sironi (1885-1961), che nelle figure monumentali dei suoi dipinti pone attenzione estrema al senso dei volumi, afferma: «sopra tutto metto Giotto».

Nel 1950 Felice Casorati (1883-1963) annota, su cartoline che ritraggono gli affreschi della Cappella degli Scrovegni, brevi appunti sulle sue cromie.



Mark Rothko, (1903-1970), particolarmente innamorato della pittura italiana antica, durante un viaggio in Italia negli anni Cinquanta ammira gli affreschi di Giotto e in analogia, sebbene tecnicamente non lo siano, chiama i suoi dipinti «murales»; ma ciò che maggiormente lo interessa è il colore, che Rothko definisce «tangibile», uno «spazio di esperienza», e così scrive: «Il colore di Giotto produceva lo straordinario effetto della sua tattilità».

Yves Klein (1928-1962), rapito dalla bellezza dei cieli nella Basilica inferiore di Assisi, ne trarrà ispirazione per il suo «blu Klein»: «Che cos’è il blu?», scriverà, «E’ l’invisibile diventato visibile».



Lucio Fontana (1899-1968), analogamente, coi suoi tagli sulla tela evoca l’Infinito giottesco ultraterreno.


Arturo Martini (889-1997) colloca, nelle sue ceramiche, piccole figure in spazi architettonici che ricordano gli amibienti di Giotto

Fortunato Depero (1892-1960) conserva, nel suo archivio, una foto «Alinari» del Giudizio Universale della Cappella degli Scrovegni.
In mostra, oltre a cartoline e appunti, c’è una selezione di pennarelli, pastelli e album da disegno prodotti e venduti tra il 1930 e il 1960 col marchio «Fila», in confezioni con l’iconica immagine di Cimabue e il giovanissimo Giotto suo discepolo.
Il percorso espositivo si chiude con un’installazione di James Turrell, che immerge di luce blu l’intera sala di uscita, in cui il visitatore sperimenta quella stessa atmosfera incantata e fiabesca dell’ingresso, nel quale è virtualmente riprodotta, con immagini ad altissima risoluzione, la Cappella degli Scrovegni.

Articolo pubblicato sul mensile Il Borghese, numero di marzo 2023

Le foto pubblicate in questa pagina sono state tratte dalla cartella stampa dell'Ufficio Stampa. 

Nell'ordine:

© Arturo Martini, La moglie del poeta, 1922, Mart, Collezione privata

© Giorgio De Chirico, Piazza d'Italia-Pomeriggio d'Arianna, 1972, Mart, Collezione Domenico Talamoni

© Carlo Carrà, Le figlie di Loth, 1919, Mart, Collezione VAF-Stiftung

© Mario Sironi, Condottiero a cavallo, 1934-1935, Mart, Archivio Mario Sironi

© Mark Rothko, Senza titolo (Rosso), 1968, Fondazione Solomon R. Guggenheim, New York

© Lucio Fontana, Concetto spaziale, 1956, Mart, Collezione Domenico Talamoni

© Arturo Martini, La moglie del poeta, 1922, Mart, Collezione privata

© Ph Mart Rovereto

© Ph Mart Rovereto


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