Shilpa Gupta, Song of the ground, Credits Philipp Ottendoerfer, Courtesy Galleria Continua

Marisa Merz e Shilpa Gupta, visibileinvisibile

MAXXI, L'Aquila 

dal 2aprile all'1 ottobre 2023 

a cura di 

Bartolomeo Pietromarchi e Fanny Borel


Articolo di Anna Maria Santoro



  Il MAXXI, acronimo di «Museo delle Arti del XXI secolo», è stato inaugurato a Roma il 28 maggio del 2010. Undici anni dopo viene aperta, a L’Aquila, la sua sede distaccata. Analogo è lo scopo: promuovere le espressioni artistiche contemporanee. Profondamente diverse sono invece le strutture architettoniche dei due musei. Progettato nel 1998 da Zaha Hadid, il MAXXI di Roma è nel Quartiere Flaminio, ha una trama di spazi concavi e convessi sovrapposti su più livelli, uniti da corridoi sospesi. Le pareti, ora curve e inclinate, ora squadrate, riflettono la sintesi degli studi di Hadid: una laurea in matematica e una in architettura alle quali si aggiunge l’interesse per l’arte suprematista di Malevič sostenitore, nel 1920, di «forme geometriche di assoluta purezza plastica» finalizzate a «sensazioni non oggettive». Così, attraversandone il cortile che tra Via Guido Reni e Via Masaccio diventa piazza e luogo di esposizioni open air, guardandone la facciata, che sospesa sembra precipitare sui passanti, si ha l’impressione di «un mondo in cui tuffarsi e lasciarsi trasportare alla deriva», come diceva la stessa Hadid nel presentare il suo progetto. E si avverte, entrando nella hall che è a tutta altezza, un senso di libertà che svia l’orientamento lungo percorsi espositivi non rigidamente predeterminati.

La sede distaccata del MAXXI aquilano è invece ospitata in un palazzo settecentesco, Palazzo Ardinghelli, progettato da Francesco Fontana: è nel cuore storico e silenzioso della città. Sebbene non sia un edificio religioso, salire la sua ampia gradinata borrominiana affrescata, sulla volta, da Vincenzo Damini nel 1749, è come entrare in una chiesa. Forse è a causa della sua vicinanza, poco più di un chilometro a piedi, dalla Basilica di Santa Maria di Collemaggio, luogo di indulgenza plenaria e «tempio di misericordia e perdono» che trova, nel rito del giubileo annuale istituito da Papa Celestino V nel 1294, legittimazione di grazia.

Il palazzo era stato danneggiato insieme a monumenti, chiese, abbazie benedettine, affreschi, conventi ed edifici rinascimentali, barocchi e neoclassici dal terremoto che il sei aprile 2009 aveva colpito L’Aquila. 

Dopo un restauro conservativo durato otto anni, effettuato con un cospicuo finanziamento del governo russo, oggi dà spazio, come sede distaccata del MAXXI, a collezioni e laboratori d’arte. 

Fino all’1 ottobre 2023 accoglie la mostra «visibileinvisibile», con le opere di Marisa Merz e Shilpa Gupta, curata da Fanny Borel, sotto la direzione artistica di Bartolomeo Pietromarchi, mettendo a confronto due generazioni e due mondi: Occidente e Oriente. Il titolo è ispirato al testo «Il visibile e l’invisibile» di Maurice Merleau-Ponty, in cui l’invisibile altro non è se non «la profondità del visibile»; ma richiama, soprattutto, gli esordi della metafisica e la stretta connessione degli «opposti» che nella filosofia eraclidea vivono «l’uno in virtù dell’altro», e in continuo divenire. 



Marisa Merz, nata a Torino nel 1926, insieme al marito Mario Merz e ad altri artisti tra cui Michelangelo Pistoletto, Jannis Kounellis, Giulio Paolini o Alighiero Boetti, apparteneva al movimento di «Arte povera», così denominato dal critico Germano Celant nel 1967: un’arte che fa uso di materiali naturali per rappresentare non tanto le forme della realtà tangibile, ma il «direttamente vissuto». Classe 1926, Marisa Merz era minuta nell’aspetto: alla Biennale di Venezia del 2013 all’età di 87 anni aveva ricevuto il «Leone d’Oro alla carriera» con un sorriso, su un volto rugoso incorniciato da capelli bianchi trattenuti da una molletta, del tutto simile all’espressione di un bambino. E’ scomparsa nel 2019.

Shilpa Gupta è di origini indiane; vive e lavora a Bombay dove è nata nel 1976. Ha partecipato alla Biennale di Venezia nel 2019 con due grandi opere, al Padiglione Centrale dei Giardini e all’Arsenale.


A L’Aquila, il percorso espositivo con le opere delle due artiste è una profonda riflessione sull’esistenza: la dimensione spirituale di Marisa Merz è colta nelle figure disegnate con lineamenti abbozzati, o trasfigurate, con forme in divenire, oppure angelicate fuori dal tempo storico, ma anche in oggetti creati con la trasparenza di una maglia da lei stessa tessuta a mano con sottili fili di rame.

 





In Gupta la questione esistenziale è invece espressa attraverso filmati e installazioni che parlano di confini e migrazioni: in «Poesie in bottiglie», del 2018, le parole censurate di poeti imprigionati sono conservate in un teca perché, come in una serra, i pensieri vengano mantenuti in vita; 



In «Canzone della terra», due pietre raccolte lungo il fiume al confine tra India e Bangladesh si scontrano a ritmo regolare evocando il passaggio di migranti e clandestini; 


In «Clessidre rifiutate» tre clessidre orizzontali evocano il tempo che trattiene o rimuove le vicende umane; e a un tempo sospeso rimanda anche «Mobile Flapboard», un tabellone con caratteri mobili come quelli usati nelle stazioni ferroviarie e negli aeroporti le cui lettere ruotano componendo frasi ora legate a migrazioni o atti terroristici, ora senza senso: «TINKING ABOUT US», «55I5KK505YKI RE 555555». 


Articolo pubblicato sul mensile Il Borghese, numero di giugno 2023

Le foto pubblicate in questa pagina (72 dpi) sono state tratte dalla cartella stampa dell'Ufficio Stampa. 

Nell'ordine:

© Marisa Merz, Testa, 1984-1995, creta, cera, stagno, piombo su base in ferro, cm 97 x 30 x h 93, collezione Merz, foto Vianello e Mangosio, courtesy Archivio Merz (Foto riprodotta anche nel frontespizio)

© Palazzo Ardinghelli, sede di MAXXI L’Aquila, facciata,  foto Andrea Jemolo, courtesy Fondazione MAXXI


© Marisa Merz Shilpa Gupta_visivileinvisibile_MAXXILAquila, exhibition view: Shilpa Gupta, I Will Die, 2012, Stampa su specchio, tenda ricamata su asta metallica, Galleria Continua e Marisa Merz, Fontana, 2015,Piombo, acqua, motore, rosa del deserto, Collezione Merz. Foto Claudio Cerasoli, courtesy Fondazione MAXXI


© Exhibition view,  Marisa Merz, Foto Claudio Cerasoli, courtesy Fondazione MAXXI

© Exhibition view, Marisa Merz, Foto Claudio Cerasoli, courtesy Fondazione MAXXI

© Marisa Merz, Senza titolo, tecnica mista su carta, cm 255 x 190, collezione Merz, foto Vianello e Mangosio, courtesy Archivio Merz

© Shilpa Gupta, Untitled (Spoken poem in a bottle), Credits JensZiehe, Courtesy Galleria Continua 

© Shilpa Gupta, Song of the ground, Credits Philipp Ottendoerfer, Courtesy Galleria Continua

© Shilpa Gupta, Mobile Flapboard, 24:00:01, Credits Elad Sarig, Courtesy Galleria Continua

      

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