Milano da Romantica a Scapigliata

Castello Visconteo Sforzesco, Novara 

dal 22 ottobre 2022 al 12 marzo 2023 

a cura di Elisabetta Chiodini 


Articolo di Anna Maria Santoro



  La mostra «Milano. Da Romantica a scapigliata», che al Castello Visconteo Sforzesco di Novara racconta la Storia di Milano dagli anni Dieci agli anni Ottanta del 1800, fa pensare alle città narrate da Italo Calvino, che nel secolo scorso le descriveva «costruite di desideri»: «La città non dice il suo passato, lo contiene come le linee d’una mano». Analogamente, Milano incarna tra le sue vie, le piazze e sui navigli quell’atmosfera di seduzione che unisce l’eleganza alla grandezza, con una modernità che la mostra evidenzia in un viaggio attraverso il tempo, ricreandone il clima romantico e scapigliato.



Il percorso espositivo, a cui fa da prologo un quadro firmato da Francesco Hayez, è curato da Elisabetta Chiodini affiancata da Niccolò D’Agati, Fernando Mazzocca e Sergio Rebora. Si articola in otto sezioni.








La prima sala è dedicata alla «Pittura urbana nella Milano romantica» con scorci ormai scomparsi: l’isolato del Rebecchino dipinto da Giovanni Migliara nel 1828, abbattuto nel 1875; la Galleria De Cristoforis sulla Corsia dei Servi, oggi Corso Vittorio Emanuele II, dipinta da Giuseppe Canella nel 1833, demolita un secolo dopo; il Naviglio di San Marco dipinto da Canella nel 1834, interrato nel 1929; e il «Coperto dei Figini» a Piazza Duomo, ritratto nel 1839 da Angelo Inganni, demolito nel 1864. C’è, nel costruire le architetture sulle tele, una visione prospettica nuova che via via abbandona l’impianto classico di origine settecentesca per inserire, negli interni delle chiese e delle case, figure che narrano piccole storie del vivere quotidiano: sono, all’inizio, vivaci macchiette che, realizzate da Migliara con minuti colpi di pennello nelle opere eseguite negli anni Venti del 1800, aumentano nelle loro dimensioni sulle tele di Giuseppe Canella, fino a diventare veri e propri personaggi nei quadri di Giovanni Inganni: nella «Veduta di Piazza del Duomo con il Coperto dei Figini» del 1839, Inganni pone il Duomo in secondo piano facendo risaltare «una pittura urbana dove protagonista dell’opera non è più la città monumentale» scrive Elisabetta Chiodini nel saggio del catalogo «ma l’umanità che la abita e la vive quotidianamente», con la vitalità di venditori di pollame e di ciliegie; di spazzacamini, mendicanti, gendarmi e famiglie borghesi; c’è anche il «Caffè Mazza», luogo di ristoro all’epoca molto famoso. Vi si ritrova, nella mostra, la percezione di uno spazio emotivo che richiama le parole che ne «I Promessi sposi» annunciano lo sguardo incantato di Renzo a Milano: «Si fermò su due piedi, dimenticando tutti i suoi guai, a contemplare».




Percorsa da un’eco manzoniana è anche la seconda sala dedicata ai «Protagonisti»: al ritratto della contessa Teresa Zumali Marsili eseguito da Hayez, del Conte Alfonso Porro Schiaffinati realizzato da Carlo Arienti, o di Alessandro Manzoni dipinto da Giuseppe Molteni, si affiancano opere con personaggi umili come la «Fruttajuola», dello stesso Molteni, o il ritratto di una ragazza che depone fiori sotto l’immagine della Madonna, di Domenico Induno.

La terza sezione è dedicata alle Cinque giornate di Milano descritte con esattezza storica da Carlo Canella, Carlo Bossoli e Baldassare Verazzi che nel 1851 dipinge un episodio di saccheggio all’interno di un’abitazione: «un soldato austriaco, la cui divisa viene restituita dal pittore con grande precisione, sta fuggendo dalla stanza con la baionetta ancora sporca di sangue» si legge nel saggio di Silvia Capponi, mentre intravediamo «dalla finestra spalancata, la guglia maggiore del Duomo avvolta dalle fiamme», quel Duomo dalla bellezza colossale che nel 1826 appariva a Henrich Heine «ritagliato in un foglio di carta bianca, a forma di merletto».  


  


Si sofferma sul vivere quotidiano la quarta sala interamente dedicata alle opere dei fratelli Domenico e Gerolamo Induno: è attraversata da una poetica degli affetti, scrive Elena Lissoni, che «in Domenico è declinata in un’interpretazione malinconica e intimista rispetto alla pittura di storia contemporanea di Girolamo, pittore-soldato che aveva combattuto al fianco dei garibaldini».

Procedendo lungo il percorso espositivo, l’imponenza del disegno lascia spazio via via al colore; i contorni delle forme si fanno più leggeri nelle figure di Giovanni Carnovali detto Il Piccio, e di Filippo Carcano che si distingue per «una pittura filacciosa, senza contorni di sorta, quasi senza piani e senza prospettiva», si legge in una citazione critica di quel periodo riportata da Elisabetta Chiodini nel catalogo.

  Le ultime due sale «Verso la scapigliatura» e «L’affermazione e il trionfo del linguaggio scapigliato», con i dipinti di Tranquillo Cremona, di Daniele Ranzoni, di Luigi Conconi e tre sculture di Giuseppe Grandi, offrono alla vista personaggi dai profili sempre più sfumati e soavi che si confondono quasi con lo sfondo.

Catalogo METS Percorsi d'Arte

Le foto pubblicate in questa pagina (72 dpi) sono tratte dalla cartella stampa dell'Ufficio Stampa. 

Nell'ordine:

© Daniele Ranzoni, Giovinetta inglese, 1886 ca., olio su tela, 50 x 36,5 cm, Collezione privata, Courtesy Enrico Gallerie d'Arte, Milano

  © Francesco Hayez, Imelda de Lambertazzi, 1853, olio su tela, 122 x 126 cm, Collezione privata, Courtesy Enrico Gallerie d'Arte, Milano

  © Giovanni Migliara, La piazza del Duomo a Milano, 1828, olio su tela, 47 x 61 cm, Fondazione Cariplo, Milano

  © Giuseppe Canella, Veduta della corsia de’ Servi in Milano, 1833, olio su tela, 81,5 x 64 cm, Collezione privata, Milano

  © Angelo Inganni, Veduta di Piazza del Duomo con il Coperto dei Figini, 1839, olio su tela, 176 x 138 cm, Collezione privata, Courtesy Enrico Gallerie d'Arte, Milano

  © Angelo Inganni, Nevicata ai Navigli, 1852, olio su tela 73 x 90,4 cm, Collezione privata, Courtesy Quadreria dell'800, Milano

  © Gerolamo Induno, La fidanzata del garibaldino, 1871, olio su tela, 65 x 85 cm, Collezione privata, Enrico Gallerie d'Arte



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