Recensione del 2021 

Sergio Paolo Diodato, ENCAUSTO SUL LEGNO, Diodato Editore, 2021


A colloquio con

Sergio Paolo Diodato

Maggio 2011


a cura di Anna Maria Santoro



Un libro può essere un viaggio che mette ordine ai pensieri con le giuste parole, ma può essere anche ricerca di esperienze nuove, in costruzioni radicate del sapere che ne mutano la struttura. Ed è ricerca, per capire e giungere a comprensioni inaspettate, il libro di Sergio Paolo Diodato tra le novità editoriali del 2021: ha un titolo inconsueto, "Encausto sul legno", che segue, estendendone lo studio, "Encausto sul muro" noto anche ai non addetti ai lavori, e I buoni colori di una volta entrambi pubblicati in precedenza.


Che cos’è l’encausto? Il termine era usato, fino ad oggi, per indicare una precisa tecnica che dà lucentezza ad un dipinto, mescolando la cera fusa ai colori o stendendo la cera liquida sull’opera ultimata. Ma Diodato, Professore di Restauro all’Accademia di Belle Arti di Firenze, sostiene tutt’altra tesi: già nell’etimologia, dal greco έγkαυστον-έγkαίω letteralmente "metto a fuoco" ovvero "brucio", appare chiaro come il lemma nulla abbia a che fare con la cera.


Lo studio innovativo del cattedratico ha incluso revisioni di traduzioni dal greco e dal latino di fonti classiche; riletture di Vitruvio, Ovidio, Plinio il Vecchio, Plutarco, San Cirillo d’Alessandria, Dionisio da Furnà e altri; analisi di spettri di fluorescenze a raggi X- XRF- su antichi dipinti egizi; verifiche di ingredienti usati nelle botteghe medioevali nonché riproduzione di attrezzi antichi, di colle e cera punica.







D. - Che cos’è l’encausto e qual è la Sua scoperta?

R. - «Il vero encausto è un’antichissima tecnica pittorica caratterizzata da una superficie brillante, resistentissima e idrorepellente. L’invenzione deve essere attribuita agli antichi Egizi che la svilupparono nell’ambito edile, probabilmente sugli intonaci delle cisterne, osservando il comportamento della malta a base di calce e calcite, che, durante l’asciugatura, se trattata in un certo modo, si può lucidare benissimo, a specchio. Questo effetto lucidissimo venne utilizzato ben presto dagli artisti sui muri affrescati (vedi quelli nel MANN di Napoli) con l’aggiunta finale della cera punica. In seguito, la tecnica dell’encausto murale fu adattata e passò ai “quadri da cavalletto” (che allora erano di legno) con aggiunta di una colla speciale che la rendeva più aderente ai supporti mobili (vedi i bellissimi Ritratti del Fayyum). La cera punica rendeva impermeabile la pittura che fu impiegata anche sulle navi. La nuova tecnica pittorica approdò in Grecia e poi nel mondo romano dove fu descritta da Vitruvio e subito dopo da Plinio, che ne attribuì la paternità ai pittori greci. In Europa la tecnica dell’encausto murale è stata abbandonata nell’VIII sec. d.C. e quella dell’encausto sul legno, già utilizzata sulle più antiche icone della cristianità, nel XII sec.

La tecnica dell’encausto - qui sta l’essenza della mia “scoperta” -  consiste nel lucidare energicamente il dipinto già realizzato ad affresco (sul muro) o a tempera (sul legno) “riscaldando” la superficie - per sfregamento - con appositi brunitoi (tra cui un particolare tipo di cestro) e non come è stato creduto erroneamente, per tantissimo tempo, per riscaldamento con fonti di calore esterno. Questo perché il verbo greco “encaio”, stando al vocabolario, si può tradurre correttamente anche con “scaldare sopra” e quindi… sfregare, il che in teoria produce calore».


D. - Perché l’errore sulla reale tecnica dell’encausto si è protratto per secoli, fino a oggi?

R. - «Per diverse ragioni. La prima è che il letterato, ad esempio il latinista che traduce le fonti classiche, generalmente non ha cognizioni specifiche relative alla reale consistenza dei materiali impiegati nelle tecniche artistiche antiche (consideriamo, a sua discolpa, che stiamo parlando di una tecnica che potrebbe risalire anche a 3500 anni fa). Si limita a tradurre con un vocabolario stilato certamente non da tecnici della pratica artistica.

La seconda è che, eccetto pochi, gli studiosi tendono a rimanere nell’ambito del “già seminato” o dell’ipse dixit.

La terza è che a partire dalla scoperta di Ercolano e di Pompei, gli studiosi settecenteschi e ottocenteschi si sono basati e concentrati (come fece già Leonardo da Vinci) solo sull’uso della cera punica, partendo da una errata interpretazione e traduzione di una celebre frase di Plinio il Vecchio. Non tenendo in considerazione un altro punto (nella Naturalis Historia), altrettanto importante, dov’è chiaramente scritto quale tecnica va bene sul muro e quale no».


D. - Che cos’è il cestro che si usa nell’encausto?

R. - «Sostanzialmente il cestro è un’asticella metallica, lo stilo che gli scolari e gli scrittori antichi impugnavano per incidere i caratteri sulle tavolette incerate. Da questo umile e comunissimo attrezzo, che poteva essere personalizzato anche in modo raffinato con metalli preziosi, deriva il significato odierno di stile».


D. - Come ha maturato l’idea di approfondire studi su una materia che sembrava consolidata?

R. - «Sono stati i miei amici iconografi, interessati a conoscere come fossero state realizzate le prime - indistruttibili - icone (vedi quelle di Santa Caterina al Sinai) e soprattutto i miei allievi dell’Accademia di Belle Arti di Firenze che mi hanno spinto a chiarificare questo lato oscuro della Ricerca. Perché nel programma didattico, di solito, lascio agli studenti una piccola parte “a richiesta”, del resto studium nell’accezione più calzante (quella che preferisco) significa passione e sarebbe un peccato smorzare i migliori entusiasmi dei giovani».


D. - Perché scrivere un libro di “ricette” per realizzare, in casa e facilmente, materiali quali la cera punica o il cestro?

R.- «Perché la soddisfazione maggiore sta proprio qui, nel mettere in pratica la teoria – con le dovute cautele – e nel permettere al lettore di fare altrettanto. Da giovane ho sofferto davanti a professori criptici e a libri “pesanti”, di solo testo. Oggi non voglio fare gli stessi errori».


D. - In che modo i risultati della Sua ricerca potrebbero rivoluzionare l’attività dei restauratori?

R. - «Io dico sempre ai miei allievi che: come per il medico è importante la perfetta conoscenza della Fisiologia umana così è, per il restauratore, la perfetta conoscenza dei materiali e delle tecniche artistiche antiche che hanno permesso la realizzazione dell’opera che dovrà essere restaurata. Non si può restaurare “tranquillamente” un’opera antica se non si conosce perfettamente come è stata creata. Certamente il mio lavoro “non farà male”, anche se restano ancora da individuare precisamente le percentuali micro-quantitative dei materiali che ho individuato, e “scoperto” e che posso indicare con certezza a chi vorrà continuare e approfondire l’argomento dopo di me».


D. - Quanto le Sue scoperte potranno essere utilizzate dai pittori contemporanei?

R. - «Credo che questo sia il risultato più importante del mio lavoro: aver chiarito e indicato agli artisti di oggi quali procedure, quali materiali e quali tecniche permettono di realizzare opere d’arte che veramente possono sfidare i secoli. Infatti, l’encausto sul muro dell’antica Pompei, realizzato più di duemila anni fa, è lucidissimo e sembra essere stato realizzato ieri. Nel mio libro Encausto sul muro ho spiegato come è possibile ri-farlo, indicando gli “ingredienti” necessari. Anche i lucidissimi Ritratti del Fayyum (I sec. a.C - III sec. d.C.) sembrano essere stati fatti ieri su sottili tavolette di legno e io, in Encausto sul legno, ho spiegato come utilizzare la stessa tecnica e gli stessi materiali».


D. - Quanta passione può trasmettere un Docente appassionato?

R. - «Ho intitolato il mio best seller, "I buoni colori di una volta", (oggi alla terza edizione) prendendo l’idea e il titolo, alla lettera, tranne il sospiro e il punto esclamativo finale, dalla esclamazione – appunto – del mio primo maestro di Restauro, il prof. Paolo Gori. Lui sì che aveva la figura e la “teatralità” del professore ottocentesco. Infatti, per svegliare l’uditorio (faceva lezione dopo pranzo) ogni tanto ricorreva sapientemente all’arte scenica. Nel caso di cui sopra questa esclamazione era l’inizio (l’incipit) della sua trattazione relativa ai pigmenti e ai coloranti antichi. Continuava dicendo: “Ma non è vero… anche oggi ci sono in commercio buoni colori, basta saperli conoscere … e riconoscere!” Il mio incontro con lui ha determinato la scelta della mia professione».



Articolo pubblicato sul mensile Il Borghese, numero di giugno 2021

 

Le foto pubblicate in questa pagina sono tratte dal libro "Encausto sul legno" di proprietà dell'Archivio Diodato © 


Nell'ordine


Particolare della zona lucidata sulla prova di rifacimento della tecnica ad encausto sul muro (laterizio)


Rifacimento della pittura romana ad encausto sul legno applicata a tavole abbandonate all’aperto a imitazione delle decorazioni apposte in antico sulla prora delle navi da guerra descritte da Plinio, (v. Encausto sul legno. Come realizzare un dipinto ad encausto sul legno seguendo gli indizi delle fonti classiche, pag. 210).




Make a free website with Yola