Data dell'articolo: luglio 2009
di Anna Maria Santoro
La Strada Statale numero 17 corre rapida alle pendici dell'Appennino, tra faggete, castagni, abeti rossi e pini. E pascoli.
E cespi di ginestre. E cardi. Tra profumi di acacie e orchidee selvatiche.
di Anna Maria Santoro
La Strada Statale numero 17 corre rapida alle pendici dell'Appennino, tra faggete, castagni, abeti rossi e pini. E pascoli. E cespi di ginestre. E cardi. Tra profumi di acacie e orchidee selvatiche.
Le
balle, seccate al sole, riposano su fazzoletti di terra gialla che pizzica e
scricchiola nei silenzi di quel luogo.
A
un tratto appare, tra il verde lontano, una macchia di intenso blu come piccola
distesa d'acqua; solo avvicinandosi si comprende che è una tendopoli: la prima
che si incontra lungo l'antico tratturo che da Navelli porta a L'Aquila; nel
vicino campo di papaveri svetta la scritta: <PROTEZIONE CIVILE>.
I primi segni della devastazione del sisma del 6 Aprile 2009 ti vengono incontro lì, al trentatreesimo chilometro dal capoluogo abruzzese: i lacci vermigli che transennano Santa Maria in Coerulis sembrano abbracciare quella piccola chiesa dell'XI secolo edificata come luogo di preghiera sui resti di un antico tempio dedicato a Ercole Iovius.
Poco più avanti c'è Bominaco: il custode di Santa Maria dell'Assunta apre l'uscio e dal portico a tre archi che introduce all'Oratorio di San Pellegrino, gli affreschi si mostrano in tutta la loro bellezza; la sala è rettangolare, coperta da volte sestiacute. I pilastri sono addossati alle pareti: concepiti per sottomettere ogni effetto architettonico alla decorazione pittorica di antiche maestranze benedettine. <Qui, una sola caduta di colore lacera un lembo dell'arco che divide la prima campata dalla seconda, con le Storie della Vergine e La Natività che precedono il Calendario Valvense. Tutto è ancora perfettamente integro>.
Ma oltrepassando il bivio per Rocca Calascio in località Castelnuovo di San Pio delle Camere, il percorso alla ricerca dell'arte comincia a farsi doloroso: la chiesa di Santo Stefano è lacerata a un fianco; adesso non c'è più bisogno di chiavi per vedere gli affreschi dell'interno.
A
pochi metri: un distributore isolato di benzina e un luogo di ristoro. Tra
meringhe e pezzi di cioccolato campeggiano strane immagini gigantesche:
fotografie di quel territorio, catturate durante un volo in deltaplano.
Più
avanti, a sinistra, il bivio per Fossa è chiuso: un vecchio cartello oltre lo
sbarramento indica l'originario percorso: “Fossa, luogo delle beatitudini”.
Una stradina laterale si inerpica verso la chiesa di Santa Maria ad Cryptas, antica depositaria di affreschi e di una tavola con la Madonna Allattante di Gentile da Rocca datata 1283. Si vede dal basso: puntellata da legni e avvolta da nastri gialli di contenimento. I divieti non consentono nemmeno di avvicinarsi.
Stesso
scenario nei paesi e nelle frazioni attorno: a Castel Vecchio Subequo, a Rocca
di Cambio, Prata D'Ansidonia, Santo Stefano di Sessanio, Lucoli, Sant'Eusanio
Forconese, Barisciano, Onna, Bazzano, Paganica, Roio, San Vittorino; nelle
chiese di San Francesco, di Santa Lucia, San Nicola e San Paolo, Santa Maria di
Capo Serra, San Flaviano, San Pietro Apostolo, San Michele, Santa Giusta.
Sono
1.900 i monumenti danneggiati, molti dei quali irrimediabilmente persi:
sventrati, spezzati, sgretolati dal terremoto.
Nell'antichità
altri analoghi eventi si abbatterono: nel 346; nel
508 quando il sisma, interessando anche Roma, arrecò danni perfino al Colosseo;
e nel 1703.
A
Santa Santa Maria di Collemaggio da qualche anno era in corso un intervento di
restauro: la facciata policroma dell'Abbazia faceva da sfondo a un'imponente
impalcatura che per dimensioni, trama, materiali ed effetti chiaroscurali
appariva come una di quelle opere d'arte contemporanee del tutto simili alle
installazioni concettuali di Christo.
Quel luogo di preghiera, voluto da Pietro da Morrone lì incoronato Papa con il nome di Celestino V, oggi appare come scenografia silenziosa di un Campo della Protezione Civile.
Le
tendopoli sono sparse ovunque, protette da guardia di finanza, polizia ed
esercito.
All'ingresso
della città ci si imbatte in un ennesimo sbarramento, con un punto di
accoglienza: Stefano Rossi, Mauro Ugliengo, Alessandro Bonato sono i vigili del
fuoco che confortano con un sorriso e accompagnano quanti, solo per pochi
minuti, vogliono rientrare nelle loro case pericolanti; per prendere una maglia
o una fotografia.
L'Aquila è deserta come un dipinto di de Chirico. Era, in passato, una delle città più storiche d'Italia che la tradizione dice fondata per volontà di Federico II di Svevia al ritorno dalla Sesta Crociata: un Diploma imponeva ai 100 feudatari del circondario di concorrere alla sua costruzione; a ognuno di loro fu assegnato uno spazio. Solo una deroga fu concessa: a Gualtieri d'Ocre cavaliere templare normanno, e questa è la ragione per la quale nacquero 99 borghi, con 99 piazze, 99 fontane, 99 cannelle. E 99 erano i rintocchi della Torre Campanaria.
Dirigendosi,
poi, verso Ovest, si arriva in località Coppito alla Scuola degli Allievi della
Guardia di Finanza, scelta dal Presidente del Consiglio come sede per il G8. E'
è lì che sono stati allestiti gli uffici della DICOMAC dove il lavoro dei
rappresentanti delle Istituzioni è coordinato dal Dipartimento della Protezione
Civile: Luciano Marchetti, ingegnere, è il "Delegato per il Patrimonio
Culturale", noto per il recupero dei beni artistici dopo il terremoto umbro
del 97 che aveva causato danni agli affreschi di Giotto e Cimabue nella
Basilica di San Francesco ad Assisi: <Stiamo cercando di salvare il
possibile>. Non è semplice: <In Umbria erano circa 1.200 i monumenti da
recuperare, ma lì c'era un vantaggio: la vasta estensione della zona>. I
1.900 monumenti dell'aquilano sono dislocati, invece, in pochissimi chilometri
quadrati: <il rischio è quello di perdere completamente l'identità del
territorio>.
Storici
dell'arte, restauratori e docenti sono in Abruzzo da tutte le università: da
Genova, Torino, Milano, Padova, Venezia, Siena, Firenze, Perugia, Bari, Napoli.
I nomi più prestigiosi: Sergio Lagomarsino, Antonio Borri, Tatiana Kirova,
Luigia Binda. E Andrea Carandini, Marisa Dalai Emiliani, Bernardo Secchi. E
molti volontari esperti in conservazione e restauro. <E' un lavoro che
richiede specialisti, passione e tempo. Tempo per ragionare sulle cose. Che
fare quando di una chiesa rimane solo l'abside?>. Niente tornerà come prima:
<Un restauro è sempre la conseguenza di una perdita irreparabile>. A
Santa Maria delle Anime <la cupola era tenuta in piedi da un sistema di
catene in legno all'interno delle murature: erano travi in quercia sagomate a
caldo e imbullonate con perni di legno> una tecnologia persa che non si
riuscirà mai a riprodurre.
45 monumenti saranno restaurati dai Paesi del G8: una forma di adozione che stabilisce un rapporto duraturo nel tempo con l'Abruzzo: <il Complesso Monumentale e la Basilica di Santa Maria di Collemaggio, la Fortezza Spagnola, Il Palazzo e la Torre di Madama Margherita, il Teatro Comunale, il Museo di Santa Maria dei Raccomandati, la Chiesa di Santa Maria del Soccorso, l'Abbazia di Santa Lucia, la Torre Civica di Santo Stefano di Sessanio>.
Biancamaria Colasacco, funzionario storico dell'arte, sta lavorando al Convento quattrocentesco di San Giuliano, alla Torre del palazzo di Regina Margherita, alla chiesa di Santa Giusta, all'Abbazia di San Giovanni Battista, alla chiesa di Sant'Anna a Lucoli e al Santuario della Madonna d'Appari: <la chiamavano la Piccola Sistina d'Abruzzo>.
Durante
i lavori di messa in sicurezza degli edifici, gli interventi sugli affreschi e
sulle parti strutturali sono congiunti perché il puntellamento esterno e
interno possa intaccare il meno possibile le superfici dipinte. Nella chiesa di
Santa Lucia a Rocca di Cambio ha lavorato Anna Colangelo, funzionario storico
dell'arte: <abbiamo riaccostato le pellicole pittoriche sollevate e
puntellato la struttura muraria che aveva perso solidità>. Un'azione lenta e
delicata, con <fissaggi di velatini e resine acriliche> preceduta dalla
raccolta sistematica dei frammenti, dove possibile. Sono molte le opere mobili
tratte in salvo dalle macerie: statue, oreficerie, tele e tavole recuperate
dalle squadre dei vigili del fuoco. Ma la devastazione è di così ampie
dimensioni che occorrerà ancora tempo per il reperimento dei lacerti
all'interno dei monumenti.
Pubblicato sul mensile <Il Borghese, numero di Luglio 2009
L'Aquila 2009, ph Anna Maria Santoro