Aligi Sassu

Sassu e Corrrente 1930 - 1943

La rivoluzione del colore 

Palazzo de' Mayo, Chieti 

dal 25 luglio al 7 ottobre 2012 

a cura di Elena Pontiggia


Articolo di Anna Maria Santoro



 Quando nel 1996 Elena Pontiggia intervista Sassu, bastano poche frasi per comprenderne lo spirito: <Andavo a Messa tutti i giorni e tutti i giorni stavo in attesa del miracolo>. Profondamente religioso, sicuro di sé, in quel colloquio parla anche dei “ciclisti”, un soggetto più volte ripetuto nei suoi dipinti giovanili: <un tema che aveva, per me, un significato ascetico. Il ciclista non è l'atleta che vuol fare bella figura ma l'uomo che accetta disciplina e sofferenza per giungere a un esito non materiale>; non a caso Salvatore Quasimodo, nel 1963, definisce il simbolismo di Sassu "come bellezza di ordine etico"; e ancora, "Non un  pittore della realtà", scrive Giancarlo Vigorelli, "perché la realtà è quel che ci sta materialmente intorno",  ma del "reale" nella sua accezione più profonda che è la verità.



Oggi, nel centenario della nascita s'indaga sul suo vasto repertorio; si ripercorrono i luoghi da lui abitati.

 E' dalla Sardegna che Sassu eredita la sua forza, da quel luogo natio del padre dove l'artista vive gli anni dell'infanzia; da quegli spazi di cieli azzurri dove ogni anno la processione equestre termina in corsa fino al Santuario di Costantino. Quei destrieri li ritrarrà più e più volte tanto che Buzzati, in un articolo del 22 marzo del '65, lo appellerà "Quello dei cavalli"; come Marino Marini; come Picasso; "galoppanti, rampanti, volanti, pieni d'estro, d'eleganza".




Da Milano, che l'aveva visto nascere il 17 luglio del 1912 da madre emiliana, gli deriva invece l'amore per l'arte; vi trascorre l'adolescenza al ritorno dalla Sardegna. Frequenta biblioteche e musei; apprende i primi rudimenti di litografia; si iscrive all'Accademia di Brera e poi a quella fondata da Barbaroux. E per vedere il Beato Angelico a Firenze, va in bicicletta: 300 chilometri all'andata; 300 al ritorno. 

Quando compra un libro di Boccioni sul dinamismo plastico, in vendita su una bancarella, e poi conosce Munari e Marinetti, approfondisce i temi del futurismo e a soli 16 anni espone alla Biennale di Venezia.

Con Manzù affitta una mansarda a piazzale Susa a Milano: è il suo primo studio.

In uno scritto di Raffaele Carrieri del '42 si legge: "Sassu maneggia  motivi rischiosi con una molteplicità di mezzi che il solo tentativo di collegarli e svilupparli è impresa fuor del comune".



Eclettico, in Spagna lo definiscono "il Picasso italiano", come ricorda il cognato Alfredo Paglione, nonché suo gallerista dal 1963, perché, come Picasso, tratta pittura, scultura, grafica, affresco, mosaico, incisione, ceramica. Si occupa perfino di scenografia; per la Scala di Milano; l'Arena di Verona; il Regio di Torino; il Massimo di Palermo. In un'intervista televisiva a cura di Tonino Del Colle, è lo stesso Sassu a spiegarne la passione: <Non è facile per un pittore entrare nel mondo della lirica però per me è stata una cosa naturale in quanto Helenita Olivares, la soprano, è mia moglie. Lo scenografo realizza uno spazio scenico ispirato all'opera ma con dati legati alla tecnica. Per un pittore la cosa è differente; è partecipare alla musica, a quello che il compositore ha creato; è penetrare nell'anima>.

"Mai monocorde", lo definisce Vigorelli; e il suo impegno non cessa neanche quando, condannato dal Tribunale Speciale, nel 1937 e '38 sconta la detenzione a San Vittore, Regina Coeli e Fossano, dove riempie quaderni e fogli di appunti e schizzi.




Negli anni Cinquanta è ad Albissola, all'epoca frequentata da Asger Jorn, Wifredo Lam, Agenore Fabbri, Lucio Fontana, dove nei forni di Mazzotti va a cuocere le prime opere in ceramica, una tecnica che lo vedrà impegnato perfino a 83 anni, nella realizzazione di un pannello di 150 mq per il Parlamento Europeo. E' ad Albissola che un giorno Picasso lo apostrofa <Tu fais toujours des chevaux en Italie?> E lui <Certo, i miei cavalli galoppano ancora; e molto bene>.

Quando nel '63 apre uno studio a Maiorca, Dino Buzzati definisce quella stagione <la nuova giovinezza di Sassu; Chiese fiammeggianti nel delirio meridiano, corride, tori, toreri … vino, sangue, febbre, morte>. Quei luoghi rappresentano per lui <la sua Sardegna con la luce più dolce>.

Cina, Stati Uniti. Da ogni luogo trae spunti per la sua arte che espone nei musei di tutto il mondo; è a Cuba con un giornalista e un fotografo della Rizzoli; nella foresta amazzonica con Walter Bonatti.

Il centenario della sua nascita è celebrato a Savona, Albissola, Besana in Brianza, Atessa, a Palazzo de' Mayo a Chieti, qui in mostra con gli amici di Corrente, la rivista che Treccani fonda nel '38 radunando attorno a sé giovani artisti come Birolli, Morlotti, Guttuso, Migneco, Manzù; tutti esposti, con Sassu, nella città teatina, dal 25 luglio al 7 ottobre a cura di Elena Pontiggia e Alfredo Paglione; il titolo: “Sassu e Corrente 1930-1943, La rivoluzione del colore”: cromie che nelle forme dei ciclisti, dei cavalli, dei caffè, di crocifissioni, meretrici, fucilazioni e Concili è mescolanza di colori puri, per una riflessione calda della luce che fa pensare all'applicazione delle teorie di Itten.  

 Amorevole è il rapporto con l'Abruzzo: per le antologiche a Teramo e Calstelbasso; per il dipinto sul Concilio Vaticano II e i mosaici che nel 1964 e nel 1976 esegue nella chiesa di Sant'Andrea a Pescara; per le tavole sulla Divina Commedia esposte nell'87 nel Castello di Gizzi a Torre de' Passeri; per le illustrazioni dell'Alcyone.

Dopo la scomparsa di questo grande artista del Novecento, avvenuta nel giorno del suo 88° compleanno, molte sue opere di proprietà dei coniugi Alfredo Paglione e Teresita Holivares vengono donate all'Abruzzo.


Pubblicato sul numero di Agosto/Settembre 2012, "Il Borghese" 


 Chieti 2012, ph Anna Maria Santoro, ad eccezione delle foto in b/n dell'Archivio Paglione 


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